Solo per tre sere, dall’8 al 10 novembre, è in scena in prima nazionale al Teatro Menotti di Milano “1927 – Monologo quantistico”, scritto e interpretato da Gabriella Greison e diretto da Emilio Russo.
In questo spettacolo Gabriella Greison racconta con foto, musica e video i fatti più sconvolgenti, misteriosi, divertenti e umani che hanno dato vita alla Fisica Quantistica. L’attrice parte dalla famosa foto, datata 29 ottobre 1927, in cui sono ritratti in posa 29 scienziati, quasi tutti fisici, di cui 17 erano o sarebbero diventati Premi Nobel. Questi parteciparono alla quinta edizione della Conferenza Solvay, un convegno voluto dall’industriale belga Ernest Solvay per fare il punto sui progressi della fisica.
Teatro.Online ha intervistato la protagonista del monologo Gabriella Greison.
“Come mai questo interesse per la fisica quantistica?”
“Innanzitutto perché sono fisica. Quindi la fisica fa parte del mio percorso e della mia formazione. Poi, nel corso degli anni, ho fatto la scrittrice e la giornalista. Ho messo insieme tutte queste tre mie passioni in questo mio spettacolo. E’ una ricerca che ho fatto a Bruxelles su una foto datata 1927, in cui c’è stato il più grande ritrovo di cervelli della storia. Proprio da quella foto è nata la fisica quantistica, perché c’erano 29 uomini coraggiosi che l’hanno creata. Ed erano tutti fisici ritratti in un solo posto. 17 erano o sarebbero diventati Premi Nobel. Quindi da fisica non potevo che render loro omaggio”.
“Quanto sono stati importanti per la storia del mondo le figure di scienziati, molti dei quali vinsero il Premio Nobel, di cui lei parla nello spettacolo?”
“Questi personaggi sono stati fondamentali per la nostra storia, anche perché hanno creato una cosa che prima non c’era. Nel ventesimo secolo la comunità scientifica era comodamente agiata sulla rassicurante fisica classica. Loro hanno fatto vedere qualcosa di più, più in là, che non c’era e non esisteva. Perché per la relatività, lo sappiamo, il padre è uno solo, è Albert Einstein. Per la fisica quantistica i padri sono tutti e 29 questi uomini presenti a Bruxelles. Perché ciascuno di loro ha dato il proprio contributo e nel corso degli anni hanno creato questa cosa fantastica che è nella nostra vita di tutti i giorni.
Per questo sono importanti, perché se non ci fosse stata la fisica quantistica, non sarebbero nati i chip al silicio, e quindi i nostri computer attuali. I lettori cd e dvd sono l’applicazione della fisica quantistica. E poi i laser, le tac, i computer quantistici. O ancora i nuovi televisori a quantum dot, a punti quantici. Tutti utilizzano la fisica quantistica”.
“In questo spettacolo un ruolo fondamentale è dato dalla città di Bruxelles, giusto?”
“Sì, esatto. La foto è stata scattata a Bruxelles, dove c’erano tutti. C’erano Einsten, Marie Curie, Niels Bohr. Bruxelles accoglieva spesso questi personaggi per farli discutere. Gli incontri si chiamavano Congressi Solvay, perché furono creati da Ernest Solvay. Dal 1911 in poi continuano tuttora ogni due anni e oggi sono i suoi successori a portarli avanti. Einstein ha partecipato fin dal primo e Lorenz era il presidente dei primi congressi. Dopo il quinto morirà, ma il quinto è stato quello più importante, lo sanno tutti.
Però i professori non sono mai andati a Bruxelles ad analizzare le lettere che si scrivevano, le biografie, che cosa si raccontavano prima e dopo quella foto. Così l’ho fatto io. Nel corso della mia vita sono stata ossessionata da questa foto. La vedevo ovunque, sia durante gli anni di fisica che dopo, quando ho lavorato due anni all’Ecole Politechnique di Parigi. Molte volte la vedevo esposta negli uffici, qualche professore la teneva in bella mostra. Quello che ho fatto è darle vita, darle corpo. Perché se noi partiamo dalle caratteristiche e dalle attitudini caratteriali di questi personaggi, è possibile rendere vive e umane le persone a cui siamo abituati ad associare soltanto delle formule”.
“C’è anche un libro legato allo spettacolo, è così?”
“Sì, esatto. Lo spettacolo si chiama 1927 – Monologo quantistico, con la regia di Emilio Russo e la produzione del Teatro Menotti di Milano. Il libro fa parte di tutte queste ricerche che ho fatto. Lo spettacolo parte da una foto scattata alle 18. Invece il libro racconta di una cena avvenuta alle 19.30 alla Taverne Royale di Bruxelles, dove una delegazione di questi fisici è andata per cenare. I padroni di casa erano i sovrani del Belgio. E’ dalle mie ricerche che ho trovato tutti questi dati su questa cena. Ricerche che sono durate due anni. Ho dovuto tradurre un sacco di lettere e un sacco di documenti dagli archivi. Così ho trovato la disposizione della tavolata, ho scoperto esattamente com’erano seduti e il menu della serata.
Quindi non poteva che nascere un romanzo su tutti questi dettagli che nessuno conosce. E’ la prima rappresentazione teatrale di quella cena, di quella sera e di quel periodo in cui è nata la fisica quantistica. Soprattutto il romanzo racconta anche in chiave un po’ romanzata la cena in cui Einstein era seduto di fronte a Marie Curie, la regina era accanto ad Einstein e il re a Marie Curie. Poi c’erano anche Lorenz e Niels Bohr. Noi sappiamo tutti che Einstein e Niels Bohr litigavano continuamente, quindi Lorenz li aveva separati come i bambini. E’ divertente quello che racconto”.