Una pièce alla Fregoli: solo quattro attori, abili trasformisti, per ben 40 personaggi. Un quartetto affiatato interpreta anche contemporaneamente buoni, cattivi, uomini, donne e persino oggetti inanimati. Un racconto serrato, incalzante e velocissimo, dalle pennellate noir che si ispira al film girato dal maestro del brivido Alfred Hitchcock nel 1935.
Al Teatro Martinitt
39 scalini è in scena al Teatro Martinitt di Milano fino al 21 aprile. Scritto da John Buchan, adattato da Patrick Barlow e diretto da Leonardo Buttaroni, lo spettacolo vede protagonisti Alessandro Di Somma, Diego Migeni, Yaser Mohamed e Marco Zordan.
Quattro domande a Leonardo Buttaroni e agli attori del cast
“E’ vero che nello spettacolo gli attori interpretano anche degli oggetti inanimati?”
Leonardo Buttaroni: “Tra le altre cose. Una delle particolarità dello spettacolo è che tutto è un po’ animato: dalle scene agli attori che cambiano mutevolmente più personaggi. Essendo solo quattro, faranno 40 personaggi ciascuno. Diciamo che è una bella follia. I ragazzi sono molto bravi e ci faranno ridere.”
“Com’è possibile far interpretare a quattro attori ben 40 personaggi?”
Diego Migeni: “All’inizio ci siamo posti questi stessa domanda anche noi, poi abbiamo trovato una soluzione. La chiave è che ognuno di noi è un clown che passa attraverso i vari personaggi: uomini, donne, vecchi, poliziotti, ladri e assassini. Quindi c’è un filo conduttore. I 39 scalini hanno questa particolarità e nello specifico io, Alessandro Zordan e Yaser Mohamed interpretiamo i tre clown che cambiano tantissimi personaggi, ma è sempre come se fosse un attore alla ricerca della soluzione finale perché – come nella tradizione di Rumori fuori scena – è un po’ uno spettacolo in divenire, quindi la compagnia si trova in difficoltà e gli attori sono costretti a tappare buchi interpretando anche oggetti inanimati, montagne, acquitrini polverosi e cose del genere.”
“E’ rimasto qualcosa del film di Hitchcock?”
Alessandro Di Somma: “C’è molto: la trama, lo sviluppo della storia e i personaggi. Tutto quello che riguarda il thriller del film rimane. La cosa divertente di questo spettacolo è che riesce a mantenere il plot della storia, facendo ridere, scherzando e trasformando personaggi seri in personaggi comici e situazioni drammatiche in situazioni divertenti. La forza dello spettacolo è fare un giallo serio e far ridere il pubblico rimanendo seri dentro.
E’ come uno spettacolo tragicomico in cui gli attori inseguono la trama dello spettacolo cercando di non uscirne, ma gli succede di tutto: cadono oggetti, si rompono le scene e gli attori devono rimanere seri all’interno di questo plot raccontando la storia. Il giallo di Hitchcock rimane intatto, gli uomini sono costretti a interpretare le donne o gli oggetti. La bellezza di vedere questo spettacolo sta nel rendersi conto di quanto il teatro possa far vedere le scene senza avere bisogno di una grande scenografia. Un oggetto può diventare qualsiasi altra cosa: una scala può diventare un aereo e una sedia un treno. Questo sta alla bravura degli attori ma anche alla capacità di immedesimarsi e di immaginazione degli spettatori.”
“All’estero questo spettacolo ha avuto grande successo. A cosa si deve, secondo te?”
Marco Zordan: “Questo è uno spettacolo che è nato a Londra dove è stato in scena nove anni al Triton a Piccadilly Circus, perché secondo me unisce la tradizione dei gialli e dei thriller inglesi a quel tipo di comicità slapstick, in cui c’è un humour in cui sembra tutto quanto serio ma in realtà è tutto fuori posto, in cui c’è un divertimento a giocare con i generi, gli oggetti e le citazioni. Questo ha fatto sì che fosse uno spettacolo a tutto tondo, perché nonostante la scenografia molto essenziale, lo spettacolo è incredibile perché le idee scenografiche diventano fondamentali.”
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Federica Zanini per il supporto professionale