La nascita del male, il suo insinuarsi nell’animo umano ed il conseguente controllo della volontà determina il più feroce e inammissibile conflitto che la coscienza debba sopportare. E’ questo l’avvio del Macbeth, è questo il campo di battaglia. Quello che avviene una volta che le forze si schierano sul campo, tuttavia, stupisce. Quasi che lo stesso William Shakespeare ci stesse incitando non a patteggiare per l’uno o l’altro scheramento, ma a gioire del massacro in sé, dello smembramento dei corpi, a trovare piacere nello sgorgare a fiotti del sangue.
Al Teatro Menotti
Abitare la battaglia (Conseguenze del Macbeth) è in scena al Teatro Menotti di Milano fino al 24 marzo. Tratto da William Shakespeare, scritto da Elettra Capuano e diretto da Pierpaolo Sepe, lo spettacolo vede protagonisti Federico Antonello, Marco Celli, Paolo Faroni, Noemi Francesca, Biagio Musella, Vincenzo Paolicelli e Alessandro Ienzi.
Intervista a Pierpaolo Sepe
“Qual è il più feroce e inammissibile conflitto che la coscienza debba sopportare?”
“Il manifestarsi di una possibilità di possedere un oggetto illegittimo che in quel momento diventa il simbolo di una possibile felicità. Quella possibilità si insedia dentro di noi distruggendo qualsiasi possibilità di coscienza e tutti noi siamo rivolti con tutti gli sforzi possibili a fare in modo che si possa ottenere quell’oggetto.”
“Quanto c’è del Macbeth di Shakespeare in questo spettacolo?”
“C’è tutto del Macbeth, ma non ce n’è traccia dal punto di vista del testo perché sono rimaste pochissime parole. Però abbiamo preso il colore del Macbeth, la sua immaginazione, il suo immaginario, il dolore di chi ha perso tutto nel momento stesso in cui ha tutto. Quello è il momento più drammatico e triste di chi – nel momento in cui crede di aver vinto – va incontro alla fine.”
“Che tipo di battaglia è quella che caratterizza questo spettacolo?”
“E’ la nostra battaglia, quella in cui si stabilisce cosa e legittimo e cosa non lo è. E’ davvero così illegittimo, sbagliato e brutto desiderare? O siamo noi? Noi siamo così, siamo questa cosa, siamo quel desiderio, quel principio di vita che in qualche modo fa parte di noi. Allora come si fa a convivere con tutto questo? Come si fa a convivere con quella parte di noi che ci chiede continuamente soddisfazione?”
“Anche il pubblico dovrà chiedersi se anche lui abita la battaglia, giusto?”
“Sì, il pubblico deve essere con noi e abbracciarci forte, perché questo è un lavoro interamente volto al ragionamento, al ritrovarsi, al riconoscersi. E’ uno spettacolo che cerca di comunicare al pubblico quanto siamo tutti impegnati in quella battaglia e quanto sia difficile combatterla ogni giorno.”
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Linda Ansalone per il supporto professionale