Corrado Accordino, “Psycho Killer”

La storia di un assassino senza redenzione, una bambina orfana rinchiusa in un convento, due spie ingenue al servizio di governi stranieri, un ghostwriter dal passato che nasconte nefandezze. Tutto è sorprendentemente legato, in un intreccio inquietante che solo la scrittura e la fuga dalla realtà possono rendere sopportabile.

Corrado Accordino è in scena come interprete, regista e drammaturgo al Teatro Litta di Milano dal 17 al 19 febbraio, con Psycho Killer, un monologo prodotto dalla Compagnia Teatro Binario 7 con l’aiuto regia di Valentina Paiano.

Parla Corrado Accordino

In questo spettacolo tu hai fatto una scelta coraggiosa. Hai portato le serie televisive e il mondo del cinema a teatro. E’ un fatto piuttosto originale?

Sì. Da un lato credo che lo sia. Dall’altro penso che sia un tema quasi imprescindibile per quanto stanno invadendo le vite di tutti quanti, dagli amanti del cinema a quelli della letteratura. Molti hanno abdicato al libro per vedere le serie tv, quindi è un argomento che mi interessava indagare. Rispetto alle possibilità del cinema, il teatro ha dimostrato secondo me di avere ancora più opportunità, perché in un’ora e venti posso cambiare completamente stile narrativo. Passo dalla spy story al crime, dal giallo alla storia poetica, indagando varie modalità di stili delle serie, cosa che invece non potrebbe succedere nella grande industria cinematografica. Il teatro ha invece la possibilità di essere a volte più rivoluzionario.

E’ solo una narrazione del mondo dei ghost writer e delle serie televisive o uno stato d’accusa verso quell’ambiente?

E’ più una presa di coscienza rispetto a un confine sempre più labile tra realtà e finzione, ma anche sul modo in cui le nostre vite abdicano a se stesse per diventare la vita di quelli che vedono. Ci immedesimiamo troppo in ciò che guardiamo e dimentichiamo la nostra realtà. Questo però può capitare anche con i romanzi. Non è un atto d’accusa, è più un’analisi del tempo e della capacità di queste serie. Nello spettacolo adotto anche delle sequenze di racconto cinematografico, con ciak, tagli, sequenze e piani sequenza. In realtà è una scatola magica di storie dentro ad altre storie, per poi arrivare ad una soluzione finale. Tutto viene visto attraverso il dialogo e il gioco ironico di un ghost writer sul mondo nascosto dietro le serie tv, il cinema, i tempi della produzione e le volontà di assecondare il pubblico.

Ti sei affidato anche a uno scrittore e a un libro indimenticabile, giusto?

Esatto. Mi sono ispirato a Italo Calvino e al suo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore, che con grande maestria passava da un racconto a un altro. Coinvolgeva completamente il lettore nel racconto successivo, facendogli dimenticare quello precedente con grande abilità narrativa, cambiando stili, epoche e linguaggi. Questa è stata la sfida che ho voluto affrontare in teatro, adottando ovviamente le tecniche e gli strumenti della mia esperienza teatrale pregressa.

Per il titolo del tuo spettacolo c’è un omaggio a un grande musicista e cantautore…

Sì, certo! A David Byrne e a “Psycho Killer“, una canzone mitica e storica dei Talking Heads. Uno degli argomenti che più mi interessa in questo spettacolo, indagati anche da lui come artista nel suo libro musicale, è quello sul confine tra realtà e finzione. Quanto è vero ciò che crediamo e vogliamo credere sia vero? Quanto siamo in balia di altre manipolazioni psicologiche, narrative o seduttive dei mass media?

  • Si ringrazia Alessandra Paoli