Paolo Rossi, il più imprevedibile e incisivo degli attori comici italiani, torna al Teatro della Cooperativa. L’appuntamento è fino al 1° dicembre con un nuovo lavoro, Allenamento con il pubblico. Qui il capocomico per eccellenza, maestro dell’improvvisazione, conferma la sua vocazione a esibire uno spettacolo nuovo ogni sera, impegnandosi a un vero e proprio allenamento col pubblico per renderlo protagonista.
Quattro domande a Paolo Rossi
“Cosa significa allenarsi col pubblico?”
“Significa procedere a senso inverso: solitamente molti miei colleghi compiono “studi su” o “prove aperte su”, facendo prove aperte, provando i pezzi, il testo o se stessi. Io credo che stiamo vivendo una svolta epocale, nel nostro mondo ma non solo, e che procedere a senso inverso sia la cosa migliore. Quindi io provo il pubblico , per vedere di cosa ha veramente bisogno. Perché le domande da farsi prima di allestire uno spettacolo sono poche ma fondamentali: perché devi fare una cosa? Per chi? Come, dove e quando? Quando si risponde a queste cinque domande, si è abbastanza coerenti e onesti con quello che si vuole raccontare, al di là del fatto che venga bene o male.
Queste sono serate semi-clandestine, vengono fatte in un glorioso teatro di periferia, cosa che lo rende ancora più e degno di rispetto. Vediamo come sta il pubblico e attraverso di lui cerchiamo di capire quale sia la strada giusta, perché credo che stiamo entrando in tempi molto interessanti.”
“In che modo riesci a rendere protagonista il pubblico?”
“Basta renderlo attivo! L’estate scorsa io ho attraversato cinque mondi paralleli: ho finito di fare Molière in teatri più o meno tradizionali; ho fatto letture beat di un canto dell’Odissea sempre in teatri greci, romani, o in luoghi particolari come i castelli; qualche stand up ogni tanto, Le Troiane di Euripide al Teatro Greco di Siracusa, poi un super B-movie in Italia e a Praga, e infine la regia del Barbiere di Siviglia al Festival dei Due Mondi di Spoleto.
Cinque mondi distantissimi, ma io sono un chimico : il mio compito è di fare una reazione di sintesi, vedere cosa ne esce, ma la finalità dell’esperimento è quella di rendere il pubblico più attivo. Un tempo gli spettatori erano protagonisti: nei locali di stand up come nel teatro greco. Negli spettacoli di Aristofane come Le Rane, siamo di fronte al metateatro: quindi giù la parete e il teatro diventa quasi un’assemblea! Quindi il pubblico è partecipe come nei “localacci” di stand up.
Man mano che la storia è andata avanti, i teatri si sono sempre ristretti, diventando sempre più aristocratici e borghesi. Il pubblico è diventato sempre più passivo. Guarda caso sta succedendo la stessa cosa anche col calcio: gli stadi si restringono sempre di più, e ormai invece delle curve ci sono delle suite. La classe media in declino vedrà la partita a casa pagando la pay tv. Ribadisco: basta rendere attivo il pubblico.”
“Quant’è importante l’improvvisazione in uno spettacolo come questo?”
“In questa svolta che prima definivo “epocale” tornano delle cose del passato. Per questo il meme che va tanto su Internet nella fascia tra i 14 e i 15 anni è una parola greca, un gioco di parole che ha a che fare con l’imitazione. L’improvvisazione fa parte del patrimonio genealogico dei commedianti dell’arte italiani: è fondamentale per far sì che il teatro non sia in un’epoca di riproducibilità totale di creare l’evento. “Evento” vuol dire creare un fatto che può quanto meno toccare le persone, anche se l’artista non sa che tipo di messaggio sta portando.”
“Quale deve essere lo stile di un commediante?”
“Nasce tutto dalla vita privata, dal deserto del reale: i commedianti hanno cominciato ad avere dei problemi quando si sono mischiati con voi umani. Devono tornare a ristabilire le proprie regole, essendo anche orgogliosi del fatto che molti fenomeni – non solo di morale e di costume ma dalla famiglia in su – sono proprietà nostra fin dal 1200, se non prima!“
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Giulia Tatulli per il supporto professionale