Livore è una scrittura che prende spunto dal mito di Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Salieri per scavare nelle ragioni dell’invidia nel mondo contemporaneo. In scena una coppia meschina e ambiziosa alle prese con un ospite inatteso nella cornice ormai familiare di una cena gourmet. Un dispositivo teatrale spietato che mescola dramma psicologico e commedia alla Jasmine Reza grazie alla drammaturgia straniante di Francesco D’Amore.
Livore è in scena al Teatro Fontana di Milano dal 24 al 27 febbraio ed è uno spettacolo prodotto da VicoQuartoMazzini. Scritta da Francesco D’Amore, la pièce è diretta da Michele Altamura e Gabriele Paolocà, anche protagonisti in scena con lo stesso Francesco D’Amore.
La parola a Michele Altamura
Quant’è forte il tema dell’invidia in questo spettacolo?
E’ centrale e fortissimo. Quando abbiamo iniziato a lavorarci, ci domandavamo quale fosse un tema che in questo momento storico fosse stringente e abbiamo cominciato a pensare a questo lavoro prima che arrivasse il Covid, nel 2019. Sentivamo che era un momento nella società in cui il sentimento di livore e di invidia – che poi si trasforma in rabbia sociale – era molto forte. Poi ci siamo chiesti, dopo il debutto del 2020, quando ormai era già arrivata la pandemia, se fosse ancora stringente come argomento e secondo me sì. Lo spettacolo gira tutt’intorno a questo sentimento, di tutti verso tutti.
Basta vedere cosa sta succedendo con le baby gang a Milano nella zona di San Siro o anche con gli accoltellamenti che ci sono stati in zona Garibaldi nella notte tra sabato 19 e domenica 20 febbraio. Tornando allo spettacolo, il mito di Mozart e Salieri è servito solo da spunto o tutta la trama è basata su di esso?
No, è uno spunto. Ogni tanto, nello spettacolo Mozart e Salieri diventa una fiction alla quale i due protagonisti Amedeo e Antonio stanno lavorando. Ci è servito come spunto, ma lo facciamo sempre nei nostri lavori. Una volta individuato il tema, anche per noi è caldo, però non lo è in maniera oggettiva, ma molto soggettiva. Non siamo immuni da quello di cui parliamo nei nostri spettacoli. Poi cerchiamo sempre un mito che possa essere da archetipo, su cui poggiare tutta la riflessione. In questo caso Mozart e Salieri di Aleksandr Puskin è il primo che ci è venuto in mente. In seguito, con l’autore Francesco D’Amore abbiamo lavorato insieme per costruire la drammaturgia originale. Quindi Mozart e Salieri riecheggiano all’interno dello spettacolo, ma la trama di Puskin non è la stessa di Livore.
Oltre alla scrittura, che ruolo ha Francesco D’Amore nello spettacolo?
Oltre a essere drammaturgo, Francesco D’Amore interpreta il personaggio di Antonio, che nella serie da lui girata impersona a sua volta il personaggio di Mozart. Vive in una casa molto bella piena di vetrate con il suo compagno e manager Rosario ed è un attore che ha sempre vissuto nell’ammirazione del suo collega Amedeo. All’interno dello spettacolo si scopre che lui va a vederlo ogni sera a teatro pur nascondendosi. Però Antonio è quello che ha fatto carriera grazie anche al lavoro di Rosario. Non svelo altri dettagli rispetto alla trama perché si vedrà a teatro.
Siamo di fronte a una riflessione su come la ricerca del merito e del prestigio non sia la sola chance per la riconoscenza e su come, a volte, dietro l’invidia, possa nascondersi la meraviglia dell’adorazione?
Sì. Quello che vorremmo lasciare con questo spettacolo è anche il fatto di potersi abbandonare all’ammirazione degli altri e di quello che sanno fare, senza per forza vivere il mostro nello stomaco che ci divora. Perché se ci si abbandona, l’ammirazione è una cosa bella e può essere qualcosa di grande. Di questi tempi è difficile riuscirci, perché c’è una serie di meccanismi che hanno a che fare con un ragionamento più grande e politico, dove in realtà anche l’invidia e il livore sono una carta di consenso politico. Vengono spesso cavalcati in un chiaro tentativo di trasformarli in consenso. Non è quindi il tempo dell’ammirazione, però sarebbe bello che lo fosse.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringraziano Maddalena Peluso e Martina Parenti per la collaborazione
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