Tommaso Amadio, “Il turista”

Lia ha convinto il marito Pit ad affittare una delle loro stanze su Airbnb. Lui ha perso il lavoro e con esso ogni forma di buon umore. Vive isolato in casa e Lia spera che un turista possa risvegliare in lui la voglia di un po’ di leggerezza. La partenza è buona. Gimmi, il loro primo ospite, è un ragazzo molto simpatico e ancora prima di disfare la valigia propone a Pit di far serata insieme. Ma quando al rientro, ubriachi, dopo qualche birra al pub, Pit investe un extracomunitario e scappa, l’idillio si interrompe. Una realtà inquietante capovolge così la situazione in maniera irreversibile.

Il turista è in scena al Teatro Filodrammatici di Milano fino al 15 maggio. Il testo e la regia sono di Bruno Fornasari. Ne sono protagonisti Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi e Orsetta Borghero.

La parola a Tommaso Amadio

Perché Pit anziché soccorrere l’extracomunitario che investe scappa?

Per via della tendenza umana a non prendersi le proprie responsabilità. Ovviamente questa è una risposta ironica ma ce n’è una scientifica e curiosa: l’uomo, in quanto discendente dalle scimmie, ha tre comportamenti fondamentali di fronte al pericolo: fight, fly o freeze: combattere, scappare o congelarsi, la famosa tanatosi. E’ stato dimostrato scientificamente che sono tre atteggiamenti ugualmente applicabili istintivamente dal mammifero uomo. Io credo che lui di fronte a una situazione estrema come questa stia applicando il comportamento “fly”: la fuga dal problema, il tentativo di non affrontare le cose. E’ uno dei temi che si ripresenteranno nello spettacolo: non guardare in faccia i problemi.

Perché si presume che l’incontro tra Gimmi e la coppia non sia casuale?

La cosa interessante del racconto scritto da Bruno è che è un vero e proprio thrilling, nel senso che man mano gli spettatori scoprono una serie di cose e di dinamiche all’interno dei tre ruoli dove nulla è come sembra.

Perché questo è uno squarcio spiazzante sul nostro modo di vivere i desideri, il privato e i suoi segreti?

Noi abbiamo scelto di rimettere in scena questo testo che Bruno aveva scritto nel 2016 perché di colpo ci è sembrato terribilmente più attuale oggi che allora. Perché parla delle tendenze delle persone a non entrare più in contatto, a passare la vita su Internet e a immaginarsi sempre un’esistenza a cinque stelle ma virtuale, che poi puntualmente non corrisponde a quella reale. Il risultato è che viviamo di frustrazioni e di continue proiezioni.

Perché siamo di fronte al ritratto di un’umanità allo sbando?

Il teatro, per come cerchiamo di farlo e di concepirlo noi, è l’idea di uno specchio di shakespeariana memoria: quella che cerca di riprodurre una realtà nella realtà. Quando ci guardiamo allo specchio, noi cerchiamo di vedere le imperfezioni, non la nostra bellezza. Prima di uscire di casa lo specchio non è l’oggetto che interpelliamo per dirci che siamo perfetti, ma per farci capire che possiamo ancora mettere qualcosa a posto che ci manca e che non abbiamo visto. Da questo punto di vista direi che il racconto vuole cercare di mettere il dito in tutte quelle cose che noi tentiamo di non guardare: i nostri piccoli egoismi, la nostra volontà di essere socialmente aperti ma anche fortemente refrattari ad abbandonare i nostri privilegi.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Foto di scena di Laila Pozzo
  • Si ringrazia Antonietta Magli per la collaborazione
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