SALVATORE ARENA, “QUANTO RESTA DELLA NOTTE”

Pacta dei Teatri inaugura il 2022 con uno spettacolo del teatro di narrazione di Salvatore Arena, autore e protagonista di Quanto resta della notte, una produzione Mana Chuma Teatro. In scena l’8 e il 9 gennaio, la pièce è una lunga riflessione su come uscire dall’oscurità e immaginare un tempo dedicato all’amore. Un testo che ci racconta la storia di Pietro, richiamato nel proprio paese per una lettera che lo informa di una malattia della madre. Il viaggio lo porterà a una lunga riflessione fatta di verità nascoste e al recupero di un passato che voleva dimenticare…

La parola a Salvatore Arena

Durante questo viaggio Pietro mette in discussione solo il proprio rapporto con la madre o anche se stesso?

La questione cruciale è che lui mette in discussione prima di tutto se stesso, al di là del rapporto con la madre, che è consequenziale. Pietro è andato via dalla propria terra soprattutto per allontanare o cancellare definitivamente un ricordo doloroso, quindi il punto di partenza è proprio questo.

Credo sia molto importante l’ambientazione dello spettacolo, è così?

Io sono siciliano, ma la storia è ambientata nelle campagne di Reggio Emilia. L’ho voluta scrivere per il legame forte che ho con l’Emilia e per riconoscere la grande accoglienza di questa terra. Ho quindi voluto immaginare apposta un viaggio inverso, facendo riferimento al romanzo di Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia, cui lo spettacolo è legato.

E’ il perdono l’unica via di salvezza?

E’ l’unica via per alleviare soprattutto il dolore e riconquistare il rapporto con il mondo, quindi con le persone che ci stanno intorno: i nostri figli, le nostre mogli e tutti quelli a cui vogliamo bene, perché il perdono ci riconsegna a una riapertura agli altri e quindi ci rende liberi.

Presupponendo che uno spettacolo deve sempre e comunque far riflettere, c’è spazio anche per qualche risata e un po’ di sdrammatizzazione?

All’interno di Quanto resta della notte ci sono dei frammenti che fanno anche sorridere. Io credo che il teatro sia uno dei luoghi dove lo spettatore può avvertire maggiormente un senso di grande libertà. Come autore immagino sempre spettacoli che possano concedere al pubblico la possibilità di sorridere, di fare una risata, di commuoversi o comunque di emozionarsi. Credo che il teatro sia il posto più bello per vivere emozioni che appartengono ad altri, ma che improvvisamente ci rapiscono e fanno diventare nostre le loro storie. La libertà più grande del teatro è proprio questa.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Giulia Colombo per la collaborazione
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