
Prendete un classico goldoniano della Commedia dell’Arte come “Arlecchino servitore di due padroni”. Portatelo nel 1947, in una Milano ancora lacerata dalle ferite della guerra e immaginate il celebre personaggio che diventa un reduce della Campagna di Russia. E’ apparentemente stupido e traumatizzato dal conflitto. In realtà è un calcolatore cinico e astuto, che ordisce trame, inganna e ruba. Soffre la fame, mente, corteggia e serve contemporaneamente due padroni. Si muove sulla scia delle vicende sentimentali e politiche dei personaggi intorno a lui, che rimarranno vittime della sua avidità e ingordigia.
Il regista e capocomico Carlo Boso dirige David Anzalone, un attore che ha trasformato la disabilità con cui convive dalla nascita in un punto di forza. Il suo è un Arlecchino straordinario, grottesco fino all’esasperazione, in scena al Teatro San Babila di Milano fino al 30 ottobre.
Completano il cast gli attori che come Anzalone fanno parte della Cantina Rablé: Francesca Berardi Marco Chiarabini, Erika Giacalone, Teo Guarini, Andrea Milano, Michele Pagliaroni, Arianna Primavera e Guido Targetti.

In un’intervista a due voci, Teatro.Online ha deciso di saperne di più da David Anzalone, alias Arlecchino, e dal regista Carlo Boso.
“Tutti i personaggi sono comici, quando non addirittura grotteschi. Arlecchino però lo è all’ennesima potenza. A che cosa è dovuta la scelta di esasperare la sua figura portandolo a livelli quasi inverosimili?”
David Anzalone: “Lo scopo del teatro popolare e del nostro lavoro è quello di far ridere delle paure che tutti quanti abbiamo: personali, politiche e sociali. Per evocarle nel pubblico, bisogna esasperare ulteriormente anche le figure grottesche”.
“Quello che traspare in questo spettacolo è lo straordinario affiatamento della vostra compagnia. Come avete fatto a montare uno spettacolo tanto difficile in pochissimo tempo?”
Carlo Boso: “E’ stata fondamentale la scelta delle persone. L’affiatamento nasce dal fatto di avere tutti lo stesso obiettivo. Quello cioè di fare una riflessione sui rapporti sociali attraverso il teatro. Avendo tutti la stessa visione politica, cerchiamo di far capire le cause delle fratture sociali nella nostra società attraverso la risata. Lo spettacolo ha avuto una gestazione di sei mesi. E’ stato montato in soli 28 giorni, provando 70 ore a settimana. Ci siamo chiusi in uno spazio che il comune di Senigallia ci ha messo a disposizione. Quando siamo usciti eravamo pronti”.
“Sono ammiratissimo, siete una vera e propria macchina da guerra! Ora vorrei chiedere a David Anzalone perché avete scelto di trasportare Arlecchino nella Milano del 1947 e non in un altro periodo storico”.
“Michele Pagliaroni ed io siamo gli autori del soggetto. La nostra idea si è basata sull’analisi delle tematiche sociali e politiche che tuttora attanagliano l’Italia. Ci siamo quindi accorti che nel secondo dopoguerra sono nate le magagne che ancora oggi sono una spina nel fianco del nostro Paese. Per noi le domande sono state: come nasce la Repubblica Italiana? Perché siamo vittime di un cancro nato dal legame sotterraneo tra corruzione politica e imprenditoriale, mafia e criminalità organizzata? Le radici di questi problemi risalgono proprio al secondo dopoguerra. Ecco perché abbiamo ambientato lo spettacolo nel 1947”.
“Infine una domanda per Carlo Boso, che nel 1967 insieme a Giorgio Strehler ha interpretato a sua volta Arlecchino. Alla fine della prima milanese, lei ha passato il testimone a David Anzalone in maniera estremamente affettuosa e accorata. Come mai secondo lei è l’attore più meritevole di raccogliere la sua eredità?”
“Io sono nato nel 1946. Faccio parte della Storia, anche se molte volte mi sono battuto contro di lei. Quando ho incontrato David, ho visto che aveva i miei stessi obiettivi: quelli cioè di uscire da un genocidio culturale intrapreso dai politici italiani negli ultimi 40 anni. David ha 30 anni meno di me ma è un attore straordinario. Ha un’umanità e un talento simili a quelli di Eduardo de Filippo. E’ il portavoce del messaggio di un teatro sociale che fa partecipare il pubblico divertendolo. Solo lui riesce a coinvolgere gli spettatori nella creazione di nuovi legami sociali basati sul rispetto reciproco, dando una visione legata alla speranza. L’obiettivo è far capire alle nuove generazioni dove siamo arrivati. Ma anche da dove siamo partiti e qual è la nostra destinazione. Nessuno meglio di David Anzalone porta in sé questa fiamma”.