Il Teatro Leonardo di Milano saluta il 2018 e dà il benvenuto al 2019 con L’avaro, in scena fino al 13 gennaio. Tratto dal capolavoro di Molière, lo spettacolo vede protagonista Arpagone, un uomo ossessionato dai soldi, gretto e taccagno. E’attaccato solo ed esclusivamente alla propria cassetta di denaro. Diffidente, egoista e sempre pronto ad arrabbiarsi con tutti, non riesce ad amare nemmeno i figli, continuando imperterrito nella sua meschinità anaffettiva fino alla fine.
Tradotto e adattato da Valeria Cavalli, che firma la regia con Claudio Intropido, lo spettacolo vede protagonista Pietro De Pascalis nel ruolo di Arpagone. Completano il cast Jacopo Fracasso, Cristina Liparoto, Sabrina Marforio, Roberta Rovelli, Andrea Robbiano, Simone Severgnini e Clara Terranova.
Quattro domande a Pietro de Pascalis
“In che modo Valeria Cavalli ha riadattato il testo di Molière?”
“Quando abbiamo letto ‘L’Avaro’ ci sembrava che combaciasse molto bene con la formazione della compagnia in quel momento. Quando studi un autore non leggi solo quel testo, ma cerchi di farti un’idea di tutta la sua produzione. Leggendo tra le sue opere, abbiamo trovato un altro testo: “L’improvvisazione di Versailles”, dove Molière poteva permettersi di essere scherzosamente arrogante e si citava, come anche nella “Scuola delle mogli”. Lui era talmente tanto grande che spesso metteva in scena se stesso.”
“Venendo alla celebrazione della commedia dell’arte, siamo di fronte a un gioco sfrontato di teatro nel teatro?”
“Assolutamente sì, e “L’improvvisazione di Versailles” ne è la regina perfetta. “L’Avaro” è una delle sue opere migliori. Al di là della magnifica scrittura di Molière i momenti di teatro nel teatro sono quelli che strappano di più la risata e l’applauso.”
“Arpagone è vittima di una congiura o di se stesso?”
“Sicuramente di se stesso. E’ avaro non soltanto di soldi ma anche di affetti. E’ schiavo di un bisogno continuo di cose materiali. Infatti non si libera soltanto dei soldi, che mette in una cassettina sotterrandoli, ma anche di oggetti che oggi lo farebbero definire un accumulatore seriale.
In realtà i figli in qualche modo lo amano, ma lui non riesce a contraccambiare naturalmente lo stesso amore che provano per lui. Riesce ad amare solo i soldi, la sua cassettina e le sue cose. Si diceva che lui conservasse addirittura le unghie tagliate, un’immagine abbastanza terrificante!”
“E’ uno spettacolo in cui gli attori interagiscono con il pubblico. In che modo?”
“Durante la nostra performance “avariana”, facciamo finta di uscire. C’è un’improvvisazione che cambia tutte le sere a seconda di come risponde il pubblico. Gli spettatori non vengono coinvolti direttamente. Però dopo il furto della cassettina, il mio collega Andrea Robbiano ed io scendiamo in platea e facciamo 5-7 minuti di improvvisazione. In genere il pubblico è molto stimolato. E’ chiaramente un gioco sfacciato e non può essere altrimenti, perché Molière ERA sfacciato. Il pubblico però viene coinvolto ma lo lasciamo tranquillo nella sua poltrona, a parte una persona diversa ogni sera che ha un ruolo privilegiato.”