L’uccisione di un figlio da parte di una madre è uno dei grandi incubi della nostra contemporaneità. Le tematiche in gioco al tempo di Euripide erano però altre: l’aspetto religioso con la vendetta del Dio Bacco, la questione politica, i movimenti popolari, le società misteriche. Lo spettacolo ripercorre a ritroso la vicenda de Le baccanti come un’indagine che ricerchi una luce nascosta sulle tematiche profonde e inesauribili del testo. Recuperare questa distanza che ci separa dalla dimensione della tragedia greca consente di sperimentare nuovi punti di vista.
Baccanti rewind è in scena al Pacta Salone di Milano dal 4 al 13 maggio. La drammaturgia è di Maddalena Mazzocut-Mis, la regia di Paolo Bignamini e Annig Raimondi che ne è anche protagonista con Maria Eugenia D’Aquino e Paola Romanò.
Quattro domande ad Annig Raimondi e Paolo Bignamini
“Perché in questa riscrittura sono rimaste solo tre donne?”
Annig Raimondi: La collaborazione di lunga data con Maddalena Mazzocut-Mis, che è l’autrice di questa pièce, consiste nello scegliere una direzione di lavoro possibile parlando del tema delle Baccanti oggi. C’è anche un lavoro che lei sta portando avanti sui vinti; è una forma di collaborazione con l’Università Statale di Milano. Questo ha fatto sì che le figure che rimanevano presenti a rappresentare queste storie fossero tre donne: tre Baccanti, le ultime rimaste e tre sorelle: Agave, Ino e Autonoe. Sono le ultime rimaste di una società ormai in disfacimento, che hanno il compito di ricostituire una nuova società. Quindi viene messo in moto un meccanismo di rielaborazione della memoria di Agave e di tutto quello che ha fatto. Agave è infatti accusata di avere distrutto la possibilità di procreazione e quindi viene messa in una situazione di ricordo perché riviva la sua condizione di capro espiatorio della società che ricomincia l’atto cruciale, cioè lo smembramento di un figlio.
“Che tipo di elaborazione fa Agave del suo terribile gesto?”
Paolo Bignamini: Il titolo di questa rivisitazione delle “Baccanti” di Euripide è “Baccanti Rewind”. E” come se ci fosse un nastro del tempo da riavvolgere. Tutto lo svolgimento della narrazione in scena è quello di un ricordo, una sorta di crudele terapia del ricordo. Infatti abbiamo pensato di ambientare tutto l’allestimento del nostro lavoro in una clinica della memoria. Agave viene obbligata a rivivere progressivamente il proprio vissuto attraverso una terapia fatta di rappresentazione di quello che è successo. Quello che a noi interessava mettere in evidenza era un riavvolgimento del tempo, cioè una riflessione sul momento in cui la nostra decisione diventa una anziché un’altra: cioè dove noi siamo perfettamente consapevoli di ciò che scegliamo e ne abbiamo completa facoltà e dove invece c’è qualcosa di sfuggente e ineffabile che non possiamo controllare. Questo evidentemente pone in questione la responsabilità del gesto di Agave, ma anche quella della società nei confronti di quello che Agave fa e ha fatto. Quindi, all’interno di questa ricostruzione, noi possiamo vedere alla moviola ciò che è accaduto ad Agave e Agave al tempo stesso si chiede a più riprese se è ancora in tempo per cambiare quello che è successo e per deviare il corso delle cose.
“Agave è una vittima?”
Annig Raimondi: Sì. E’ una vittima di se stessa e di tutto quello che avviene intorno. Si è deciso che dovesse essere lei la colpevole e alla fine si assume la sua colpa. Si dice che la sua sia follia quando arriva a smembrare il figlio, ma noi indaghiamo qual è il punto che viene considerato follia dalla società e qual è quello di estrema lucidità che porta a compiere qualcosa malgrado te. Agave aderisce a tutto nel compito che le viene dato. Lei è la madre di Penteo. Lei ha creato un re, un governatore, è una famiglia che viene tramandata. Agave era dentro a uno dei riti che d’inverno si svolgevano regolarmente sulle montagne. Essendo in un grande rito della società, a volte non si vede quello che sta molto vicino e lei ha scambiato suo figlio per un leone che può smembrare. L’atto dello smembramento è una cosa che si ripete: è successo a Dioniso che poi lo perpetra con Penteo.
“Quali sono i nuovi punti di vista che vengono sperimentati in questo spettacolo?”
Paolo Bignamini: Questo è uno spettacolo che racconta qualcosa di non vicino a noi. Eppure, attraverso questa distanza, noi abbiamo cercato di trovare qualcosa che avvicinasse questa storia alla nostra esperienza. Se non è il racconto quello che la può avvicinare, sono le sue dinamiche e i temi che vengono presi in esame da questa tragedia. Il fatto di riscriverla mettendo in scena solo le donne sposta già di per sé l’accento su un certo tipo di narrazione. Quindi nelle Baccanti si parla delle Baccanti. Credo che la riflessione sulla libertà e sulla responsabilità legata al tempo e alla possibilità siano i fili conduttori di questo nostro allestimento.
(intervista e riprese video di Andrea Simone)