Susanna Baccari, “Living room creatures”

E’ difficile contattare e comprendere la propria identità e aderire a ciò che si sente di essere nel profondo. Spesso ci nascondiamo, ci camuffiamo e trasformiamo la nostra immagine. Pur sapendo che, solo ad un passo dal precipitare, troveremo nuovamente la forza di aggrapparci a noi stessi.

Living room creatures è in scena dal 29 giugno all’8 luglio al Teatro Litta di Milano con la regia di Susanna Baccari. Ne sono protagonisti Ivana Petito, Bruna Serina De Almeida, Anna Leidi, Alessandro Pozza, Chiara Ribolzi e Nora Ruberti.

Intervista a Susanna Baccari

Questo progetto è diviso in due parti. Quali sono?

In realtà è un unico spettacolo che dura 50 minuti. E’ un percorso che ho iniziato l’anno scorso con Ivana Petito sulla figura femminile e lo proseguiamo quest’anno con una sorta di coralità. Sono proprio tutte le figure e le creature del nostro quotidiano. Sono quelle da salotto così come lo abbiano intitolato. E’ come se avessimo tutti i giorni di fronte a noi le nostre paure, i nostri incubi, le nostre gioie e i nostri sogni. Si animano attorno alla figura femminile di Ivana Petito. Nella prima parte il lavoro è corale, nella seconda è solo di Ivana con Nora, questa creatura meravigliosa, e viene rappresentato un po’ il nostro essere adulti e il nostro essere più piccoli.

Quelle dello spettacolo sono creature che popolano il nostro quotidiano?

Sì, assolutamente. Si può spaziare nell’immaginazione. C’è tutto un lavoro sull’identità, su cosa siamo, su dov’è la nostra identità più profonda, qual è la nostra essenza, cosa cerchiamo ogni giorno, che cosa vuol dire camuffarsi e poi riuscire a essere noi stessi fino in fondo. Quindi è abbastanza misterioso come lavoro.

Questo spettacolo è una ricerca intorno al corpo femminile?
Sì, direi di sì, proprio perché nasce da questo desiderio con Ivana che c’era già l’anno scorso. Volevamo partire da noi per arrivare a un contenuto più universale rispetto a un percorso al femminile. Lavorare senza la parola mette il corpo al centro del nostro racconto.

Non trova grande spazio la parola, giusto?

Non c’è proprio. Nell’ultima parte c’è una poesia registrata, però è sicuramente un lavoro di teatro fisico. Ho raccolto la parte più corale e ritmica della danza, mentre mi interessa indagare la parte espressiva e di comunicazione del teatro. Quindi ho messo un po’ insieme questi due aspetti.

  • Intervista video di Andrea Simone
  • Si ringrazia Alessandra Paoli
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