Il Teatro San Babila di Milano propone fino a domenica 4 febbraio Il bacio di Ger Thijs. Diretto da Francesco Branchetti, che ne è anche protagonista insieme a Barbara De Rossi, ci presenta un testo straordinariamente e profondamente intriso di umanità. E’ la storia di un incontro tra un uomo e una donna; una panchina un bosco, dei sentieri, due vite segnate dall’infelicità, forse dalla paura, ma che in una sorta di magica “terra di mezzo” arrivano a sfiorarsi, a toccarsi.
La parola a Barbara De Rossi
“Quanto sono forti, almeno all’inizio, la paura e la diffidenza in entrambi i personaggi?”
“Abbastanza, perché passeggiando tranquillamente in un bosco uno ha dei pensieri, incontra un perfetto estraneo e non si sa chi sia. Soprattutto da parte della donna, la diffidenza è forte. Poi, via via, queste due ‘belle creature’, come le definisco io, cominciano a trovare un terreno percorribile insieme dopo la diffidenza iniziale”.
“La conoscenza e il dialogo che si sviluppano tra i protagonisti gli dà anche modo di conoscere meglio se stessi?”
“A me è capitato di raccontare qualcosa di importante a qualcuno che non conoscevo. Forse perché rende tutto più facile, non c’è la paura di essere giudicati. Una persona che non conosciamo può anche avere e sapere qualcosa di nostro senza che dobbiamo subirne il giudizio. La comunicazione è una cosa molto difficile, quindi queste due persone riescono in qualche modo a catturarsi, ad intrecciare la loro vita per il tempo che restano insieme e a comunicare in maniera speciale. Speciale come l’innamoramento dell’anima, come quel momento straordinario in cui due persone si attraggono improvvisamente per una ragione o per l’altra. Quindi la comunicazione diventa più facile”.
“Quanto è importante la componente del mistero in questo spettacolo?”
“Io non lo definirei ‘mistero’. Scherzando, ultimamente dico che quando si sta facendo una passeggiata in un parco, bisognerebbe provare a comunicare con un’altra persona, perché non è detto che sia un mascalzone o un delinquente. Potrebbe essere una persona sulla nostra stessa lunghezza d’onda, che va benissimo per noi. Sono due personaggi particolari: buffi, teneri. Lei è una donna non più giovanissima, un po’ goffa, stanca per gli anni e con una femminilità sopita, tipica di una provincia dell’Olanda dove tutto è apparenza. Lui è un attore, ha un certo modo di esprimersi, di comportarsi, di muoversi. Dopo la diffidenza iniziale, si snoda un modo simpatico, buffo e tenero di riuscire a comunicare. Perché quello che viene fuori è l’attenzione. Quest’uomo ha attenzione e cura per lei. Quindi nasce questo sentimento”.
“C’è anche un po’ di spazio per l’ironia e la risata?”
“Assolutamente sì. Ger Thijs ha scritto questo spettacolo, che è attraversato da tanti momenti importanti e ricchi di sostanza, perché le paure, le fragilità e le insicurezze dell’essere umano sono argomenti importanti. Però Ger Thijs lo ha scritto con una leggerezza e un’ironia che ti fa sorridere anche su cose che possono essere apparentemente più preoccupanti. Invece lui ha reso il testo leggero e ironico, anche se ti fa commuovere”.
(intervista e riprese video di Andrea Simone)