“BARTLEBY”, UN EROE SOLITARIO

Il contrasto tra la vita frenetica e rampante incarnata da Wall Street e Bartleby, un personaggio che si rifiuta di svolgere le mansioni lavorative che il suo principale gli affida, finendo a poco a poco col rifiutarsi di vivere. L’opposizione radicale di questo eroe solitario viene descritta dal suo datore di lavoro, un pacifico avvocato che prova una strana attrazione mista a compassione e al desiderio di scoprire quale mistero si celi dietro a questo mistero sempre più reciso.

Bartleby di Herman Melville è in scena al Teatro della Cooperativa di Milano dal 15 al 25 novembre come produzione di Teatro Invito e dello stesso Teatro della Cooperativa. Diretto da Renato Sarti, vede protagonisti Luca Radaelli e Gabriele Vollaro.

Intervista a Renato Sarti

“Perché Bartleby si rifiuta di svolgere le mansioni che gli vengono affidate?”

“E’ una sorta di mistero che caratterizza la bellezza di questo spettacolo. E’ una resilienza/resistenza che sfocia nel finale che non anticipo, però rende tuto quanto abbastanza misterioso. La bellezza di questo romanzo sta nel fatto che anticipa un discorso quasi kafkiano. Questo semplice scrivano diventa qualcosa che ha a che fare con la religione e con la resistenza rispetto agli albori del capitalismo mondiale.”

“E’ giusto definirlo un eroe solitario?

“Assolutamente sì, nel senso che si presenta in maniera molto pacata. Poi in realtà scombussola la vita e l’organizzazione dell’ufficio del notaio di Wall Street nei rapporti con gli altri scrivani, ma soprattutto attraverso la voce del notaio pone delle inquietanti domande sul nostro vivere quotidiano.”

“Il suo è un rifiuto anche nei confronti della vita?”

“Alla fine sì. E’ un romanzo molto conosciuto, perché ha avuto un notevole successo internazionale, nonostante Melville nella vita non se la sia passata benissimo. Aveva scritto anche “Moby Dick” . Sì, è un rifiiuto della vita e dei rapporti. E’ misterioso perché non c’è una risposta precisa al suo rifiutarsi con il suo reiterare il “preferisco di no”. Alla fine si rivela un rifiuto alla vita e a Wall Street, che era il cuore dell’economia dei tempi di allora.”

“Che sentimenti prova il datore di lavoro per Bartleby?”

“Scatena in lui una serie di reazioni una contraria all’altra. Al momento gli viene la tentazione di buttarlo fuori a calci nel sedere, poi decide di tenerlo perché all’inizio è uno scrivano diligente. In seguito il reiterarsi del rifiuto cambia al punto che lui decide di cambiare ufficio a causa di questo personaggio che si rifiuta di fare qualsiasi cosa. A un certo punto si rifiuta anche di scrivere, quindi è lì come una specie di imperatore Caio Mario che guarda le rovine di Cartagine, con tutta la serie di domande che si pone il notaio rispetto a se stesso. Sono quesiti anche religiosi, perché dice che siamo tutti figli di Adamo. E’ molto bello poter sviscerare all’interno dell’avvocato una serie di riflessioni sull’economia, sul lavoro, sul rapporto con gli altri e sulla religione. Come in “Moby Dick” ci sono parecchi riferimenti alla Bibbia e ai profeti. E’ molto interessante il percorso dell’avvocato che poi lo accompagna fino alla fine.”