Sergio Basso, “Te la do io la Cina!”

Sergio Basso in Te la do io la Cina! è un instancabile e curioso esploratore e narratore a tutto tondo della cultura cinese. L’artista si mette infatti in gioco in prima persona in questo progetto. Si tratta di un viaggio che Basso fa in un mondo protagonista di un futuro che forse è già presente. Te la do io la Cina! è in scena al Teatro Filodrammatici di Milano il 20 dicembre.

Quattro domande a Sergio Basso

Perché questa passione per la Cina?

E’ nata per caso. Volevo portare la testa fuori dalla sabbia come gli struzzi, fuori dal Mediterraneo. Sono sempre stato affascinato dalla Via della Seta e, finito il liceo, mi sono iscritto a cinese a Venezia. Dopo due anni, mi hanno spedito a sciacquare i panni nel Fiume Azzurro e quindi sono finito a Pechino a studiare cinese. Era il 1996. All’inizio a Pechino è stata molto dura. Poi è nato lo spettacolo. Viaggiando per la Cina con lo zaino sulle spalle, ho fatto una serie di incontri umani e artistici che mi hanno cambiato e hanno trasformato questa perplessità in un amore profondo.

E’ un viaggio solo virtuale?

Quello dello spettacolo sì. Nasce da una scatola di cartone. Quando sono andato per la prima volta in Cina nel 1996, mi sono portato dietro la mia prima videocamera, era una Sony V5000E e ho fatto venti ore di riprese. Ho scattato molte diapositive e avevo una sacca da palestra con un buco per fare riprese rubate in siti archeologici dove è vietato girare. Poi ho riempito tre taccuini da viaggio di annotazioni in cui raccontavo di incontri con gli studenti con cui suonavo la chitarra in Piazza Tienanmen in occasione della festa nazionale e con la gente che incontravo mentre andavo in treno verso il Deserto dei Gobi. Quando sono tornato in Italia, ho messo tutto in una scatola e mi sono detto che avevo del buon materiale, ma per montare un documentario avevo bisogno di tempo e di qualche mese di distacco. Per paura i mesi sono diventati anni.

E’ sempre difficile rivedere quello che abbiamo girato. Probabilmente per questo timore, ho rimandato finché non ho scordato l’esistenza della scatola finché nel 2017, durante un trasloco, l’ho ritrovata. Quindi l’ho aperta e mi è arrivata una ventata di storie potenziali. Per una volta, invece di farne un film-documentario, ho contattato dei grafici con cui avevo lavorato a un film e ho proposto loro di realizzare delle scenografie virtuali dalle mie riprese. Quindi dall’immagine abbiamo creato delle videoproiezioni tridimensionali che proiettiamo dietro di me mentre parlo. Dunque l’impianto dello spettacolo è molto semplice: ci sono io che racconto una serie di cose e in sincrono con i miei racconti si vedono le riprese di ragazzo di vent’anni in giro per la Via della Seta.

Che cosa hai imparato dalla cultura cinese?

La semplicità, l’innocenza e la disponibilità di aiutare l’altro senza farsi domande.

Secondo te è davvero l’economia del futuro?

No, è l’economia del presente, se non del passato. Sta a un europeo capire dove si sono spostati i pesi o non capirlo ma è una questione di comprensione, non di previsione.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Anna Defrancesco
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