Ancora una grande prova dell’eclettismo e della versatilità di Corrado d’Elia. L’attore e regista presenta infatti al Teatro Litta di Milano dal 28 al 30 dicembre e dal 9 al 13 gennaio, con due repliche straordinarie sabato 13 alle 18 e domenica 14 alle 18.30, Io, Ludwig Van Beethoven. Siamo di fronte a uno spettacolo su uno dei più grandi geni musicali mai esistiti. Un genio che D’Elia analizza con passione e profondità, proponendone al pubblico il grande talento che toccò vette ineguagliabili, arrivando a sfiorare la follia e raggiungendo grandezze ed emozioni insperate. D’Elia avvicina Beethoven al pubblico con emozione, esplorandone i tanti misteri, i rapporti con il padre e il suo tempo, gli amori profondi e contrastati e la sua musica immortale.
La parola a Corrado d’Elia
“In questo spettacolo emerge di più Beethoven come persona o come genio artistico?”
“Entrambe le cose. Quello che volevo indagare in partenza è sicuramente il genio, un aspetto difficile da afferrare e affascinante da indagare. Il risultato finale è il Beethoven uomo. Sentendo e ascoltando Beethoven, capisco che è un personaggio pieno di contraddizioni. Da una parte abbiamo tutti i lati contradditori di un genio che nella sua vita è stato al culmine della forza e della notorietà; dall’altra il drastico declino: ci troviamo quindi di fronte a un uomo che combatteva con le persone, che aveva un rapporto conflittuale con la natura e con gli altri uomini. Il risultato finale di questo lavoro sono tutti questi aspetti messi insieme, in perfetto stile Beethoven: sono partito per indagare la genialità e alla fine mi sono ritrovato l’uomo”.
“L’ossatura portante dello spettacolo è la Nona Sinfonia. Vogliamo approfondire questo aspetto?”
“Non si può fare uno spettacolo su Beethoven senza parlare della Nona Sinfonia. In realtà l’ossatura dello spettacolo consiste nel riuscire a collocare Beethoven e a inquadrarlo nel contesto storico e nei suoi rapporti con il mondo. Ovviamente, parlando della sua musica, noi ci domandiamo perché tra l’Ottava e la Nona Sinfonia passino dieci anni. Non dimentichiamoci poi della sua sordità e della grande contraddizione che diventa tragedia: il fatto cioè che il più grande musicista del mondo componesse rinchiuso in una palla di vetro in cui sentiva pochissimo.
Arriviamo quindi alla Nona Sinfonia dopo aver sofferto insieme a Beethoven e aver compreso come lui ci sia arrivato. E’ stata un’opera che ha cambiato completamente la storia musicale. Dopo il 7 maggio 1824, la musica è stata tutta un’altra cosa. Credo che anche chi non è particolarmente colto apprezzi la nostra guida all’ascolto e quindi comprenda che cosa volesse dire Beethoven raccontandoci quel passaggio. Credo che questo possa affascinare le persone”.
“Perché ci vuole tempo per raccontare la bellezza?”
“Perché la bellezza è qualcosa di difficile da cogliere. Quando questo avviene, si raggiunge uno stato di estasi e l’estasi è qualcosa che va di pari passo col tempo, perché lo ferma, lo annulla e a volte annienta anche la coscienza, tanto che noi diciamo: ‘Davanti a tanta bellezza, io mi ci perdo'”.
“E’ giusto dire che il tuo è uno spettacolo che va più ascoltato che visto?“
“Volendo sì, come tutti gli album. Diciamo che io racconto storie che puoi vedere o ascoltare. E’ vero, è una delle caratteristiche di tutti gli album che racconto. Forse in questo caso lo è ancora di più, perché racconto il più grande musicista di tutti i tempi e i passaggi della sua musica”.