Il Teatro Litta di Milano presenta fino a domenica 20 novembre “Beyond Vanja”, tratto da “Zio Vanja” di Anton Cechov. Lo spettacolo è diretto da Francesco Leschiera, che insieme ad Antonello Antinolfi ne ha anche curato l’elaborazione drammaturgica. Ne sono protagonisti Sonia Burgarello, Ettore Distasio, Matteo Ippolito, Alessandro Macchi e Giulia Pes.
Nelle vite monotone e laboriose di zio Vanja e sua nipote Sonja irrompe improvvisamente il professor Serebrjakov, marito della defunta sorella di Vanja e sposato in seconde nozze con la bellissima Elena, pigra, indolente, ma raggiante di giovinezza. Vanja e il medico Astrov si innamorano di lei. Vanja smette di occuparsi dei campi. Astrov trascura i malati, mentre Sonja, segretamente innamorata di Astrov, soffre. Un giorno Serebrjakov propone di vendere la proprietà della defunta moglie per investire il capitale in modo più redditizio.Vanja reagisce, esplode esternando tutto l’odio represso per il vecchio ed egoista professore. La situazione diventa insostenibile e Serebrjakov parte insieme alla moglie.
Teatro.Online ha intervistato Francesco Leschiera, regista dello spettacolo.
“Che cosa le è piaciuto tanto di quest’opera di Cechov?”
“Mi è piaciuta molto la contemporaneità che trovo sempre nelle opere di Cechov, soprattutto in Zio Vanja. Nei personaggi di Zio Vanja c’è una contemporaneità disarmante. E’ un classico scritto cent’anni fa ma che ha una collocazione anche nella società di oggi. Quello che mi è piaciuto è proprio questa rinuncia a vivere da parte di tutti i personaggi, cosa che vedo molto nella società contemporanea”.
“In che cosa sta la debolezza di Vanja?”
“Credo che stia appunto nella rinuncia a vivere, nel non avere quella forza di cambiare un destino. Credo che tutti noi siamo vittime di noi stessi e delle nostre scelte. In questo caso Vanja rinuncia, credo per mancanza di coraggio, a cercare di cambiare qualcosa in questa vita che conduce”.
“Perché questi personaggi non vivono e sono privi di emozioni?”
“Non credo che siano privi di emozioni. Anzi, loro vivono molto interiormente. Il lavoro che io ho fatto con gli attori è stato anche un lavoro sugli animali, proprio perché loro sono istintivi. Quindi vivono molto di pancia, non di testa. Non è un dramma psicologico, è un dramma di pancia. Loro vivono di pancia tutte queste emozioni, però non riescono ad andare oltre. Subiscono le difficoltà della vita”.
“E’ il timore del cambiamento che li rende incapaci di fare delle scelte?”
“Certo. E’ il timore del cambiamento perché credo che a tutti il cambiamento faccia in qualche modo paura. Molte volte questa paura diventa più forte del coraggio di uscire da una determinata situazione. Per questo parlo di contemporaneità. Secondo me è un male molto diffuso nella società di oggi”.