Il capolavoro di Ernst Hemingway in teatro. Addio alle armi smaschera, attraverso una storia d’amore, l’insensatezza della guerra. Basato su fatti autobiografici, lo spettacolo racconta il sentimento appassionato tra Frederic, soldato americano volontario nelle fila dell’esercito italiano durante la prima guerra mondiale, e l’infermiera inglese Catherine.
Una lettura scenica del romanzo scritto da Hemingway nel 1929 diretta da Paolo Bignamini, che vede protagonisti al Pacta Salone di Milano dal 21 al 25 settembre Alessandro Bandini, Mario Cei e Leda Kreider. Le musiche originali sono eseguite dal vivo dal duo La Scapigliatura.
La parola a Paolo Bignamini
In questa opera di Hemingway siamo di fronte a due sentimenti agli antipodi: l’odio causato dalla guerra e l’amore tra i due protagonisti. Come convivono?
In modo molto doloroso, perché raccontare una vicenda di guerra attraverso una storia d’amore rende ancora più forte e violento lo iato, il divario tra ciò che la vita dovrebbe essere e ciò che tante volte diventa: la storia d’amore vissuta dai due protagonisti è infatti tragica. La tragedia che vivono sottolinea l’insensatezza dolorosa della guerra.
Perché questo spettacolo è un viaggio esistenziale?
Perché ho provato a costruire l’adattamento del testo tenendo conto dei finali inediti del romanzo. Alcuni anni fa sono stati ritrovati e pubblicati quelli che Hemingway aveva tentato di scrivere e che poi decise di non considerare. Quello scelto per concludere il suo romanzo è più “asciutto” e disperato. Usando alcuni dei ben 47 finali che lui aveva deciso di abbozzare e poi di non utilizzare, ho cercato di dimostrare il suo sforzo di ricerca di senso nella vicenda che veniva raccontata: in questa versione del romanzo che noi portiamo in scena, Hemingway cerca disperatamente una via d’uscita che non trova, perché in tutti i finali, anche in quelli che hanno una piccola apertura di speranza, rimane l’epilogo tragico.
Fernanda Pivano scrisse clandestinamente la traduzione di questo libro non gradito al regime fascista che per questo motivo la fece arrestare a Torino nel 1943. Lei disse che il titolo originale “Farewell to arms” ha un doppio significato: “addio alle armi”, ma anche “addio alle braccia”. Questo è un aspetto interessante da approfondire…
Certo, perché mette in evidenza la duplicità presente in questo romanzo: amore e guerra. Si gettano le armi, ma la guerra fa comunque perdere tutto, anche l’amore e il suo abbraccio.
Sei d’accordo nel dire che – mai come in questo momento, alla luce della situazione geopolitica in Ucraina – sia importante vedere questo spettacolo ma anche leggere o – perché no? – rileggere il capolavoro di Hemingway?
Assolutamente sì, perché lavorando su questo testo, abbiamo avuto la sensazione che a volte diamo un po’ per scontato ciò che consideriamo classico. In certi casi diamo talmente per certe le cose più importanti che abbiamo conquistato, come il nostro stile di vita, la pace e un’idea del modo di stare insieme, che ci troviamo con una guerra terribile alle porte e facciamo fatica a capire come si arrivi a una situazione del genere.
- Intervista video di Andrea Simone
- Foto in evidenza di Paolo Zavattieri
- Si ringrazia Giulia Colombo per la collaborazione