Paolo Bignamini, “La sorpresa dell’amore”

Il nobile Lelio, che non vuole più avere nulla a che fare con le donne dopo aver subìto il dolore del tradimento, e una giovane contessa, che rifugge gli uomini dopo esser rimasta vedova, sono obbligati a incontrarsi per organizzare il matrimonio dei loro rispettivi servitori. Pur attratti inconsapevolmente l’uno dall’altra, i due nobili si giurano a vicenda che non si ameranno mai…

La sorpresa dell’amore di Pierre Carlet Chamblain de Marivaux è in scena al Pacta Salone di Milano fino al 27 febbraio. Diretto da Paolo Bignamini, lo spettacolo vede protagonisti Miryam Chilà, Maria Eugenia D’Aquino, Riccardo Magherini, Annig Raimondi e Antonio Rosti.

Intervista a Paolo Bignamini

In quali e quante forme Marivaux declina l’amore in questo spettacolo?

In tante forme e in realtà in una sola, nel senso che il titolo emblematico dell’opera di Marivaux, “La sorpresa dell’amore”, è particolarmente significativo dell’autore. E’ vero però che questo amore è definito sorprendente. Stando a quanto scrive Marivaux, infatti, l’amore è una sorpresa. E’ però un po’ meno sorprendente se si analizza approfonditamente il testo. Addentrandosi nella commedia, la sensazione è che – più che una sorpresa – l’amore sia qualcosa di atteso e inevitabile; e che l’amore sia più una battaglia tra i personaggi alla quale tutti devono soccombere.

Perché in questa storia l’inevitabilità del sentimento amoroso farà il suo corso?

Perché la storia racconta l’incontro tra un nobile, Lelio, un uomo deluso dalle donne perché ha subìto un tradimento, e una contessa, di cui non viene mai fatto il nome, che a sua volta ha deciso di non avere più nulla a che fare con gli uomini. E’ rimasta vedova e non si sa bene per quale motivo è così disgustata da loro. L’incontro però è casuale perché entrambi si ritrovano ad avere a che fare l’uno con l’altra semplicemente per organizzare il matrimonio di due giovani contadini che risiedono nelle loro terre.

Eppure, dal primo momento in cui si incontrano, queste due persone che hanno apparentemente la maggior distanza l’uno dall’altra proprio perché uno non vuole più avere a che fare con le donne e l’altra con gli uomini, si capisce da subito che si ameranno. Tutta la commedia è un gioco a prendere le distanze da questa chiara sensazione di inevitabilità. E’ forse in questo senso che si esplicita lo spirito più profondo di Marivaux in quest’opera, nascondendo cioè qualcosa che già nel titolo viene dichiarato.

Vorrei chiederti di commentare e spiegare queste tue note di regia: “E’ una strada che i personaggi devono percorrere, ma il loro viaggio sarà accidentato, in un altrove dalle sembianze lunari, un luogo simbolico dove incombe l’immagine di una catastrofe e dove lo spazio e il tempo sembrano annullati in un cortocircuito tra le differenti epoche storiche.”

Ho pensato quale potesse essere la cosa più urgente di questa commedia con cui confrontarsi per chi vi si accosta oggi per la prima volta. Marivaux parla di qualcosa che – indipendentemente dal fatto di essere una storia del Settecento – ci riguarda molto da vicino. Ho ritenuto quindi che rendere iperbolica e paradossale l’ambientazione dello spettacolo consentisse di travalicare la connotazione settecentesca e che quindi, allontanandolo, potesse avvicinarsi a noi. Dunque ho pensato che il posto dove i personaggi scappano dai sentimenti potesse essere un altrove davvero paradossale. Non scappano lontano dalla città, ma lo fanno addirittura in un altro pianeta! Quando però arrivano nel posto più lontano possibile a cui hanno pensato, si ritrovano ancora preda degli stessi sentimenti e quindi delle stesse dinamiche con cui devono confrontarsi e da cui non possono scappare.

La seconda cosa che ho voluto sottolineare scrivendo quelle note è l’ultima battuta emblematica del testo pronunciata dalla contessa. Quando finalmente riceve la dichiarazione d’amore di Lelio, risponde in modo sibillino con una battuta: “Lasciatemi respirare”. Non dice “sì”, non dice “no”; dice qualcosa che lascia aperto il gioco. Quindi non compie come ci attenderemmo il sentimento tra i due personaggi, ma lascia qualcosa di inespresso, che consente da un lato di continuare con il gioco e il corteggiamento; dall’altro, la sensazione di incompiutezza è anche di amarezza, come se queste schermaglie non si concludessero mai.

Perché affrontare oggi un testo come “La sorpresa dell’amore” costituisce una sfida?

Perché Marivaux è un autore poco rappresentato. Credo quindi che in questo senso sia coraggioso provare a riportarlo sulle scene. Il merito è di Pacta, di Ctb che è il coproduttore, e di Paola Ranzini che ha curato la nuova traduzione. E poi perché – quando si ha il coraggio di affrontarlo – è qualcosa che, pur apparentemente distante, parla molto più vicino al nostro cuore di quello che potremmo pensare.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Foto in evidenza di Elena Savino
  • Si ringrazia Giulia Colombo per la collaborazione
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