Uno spettacolo a metà tra cabaret e teatro musicale. Tratto dai Racconti di Giovanni Testori, Bar Blues racconta la storia di un’eroina e della sua vita di tutti i giorni nella Milano del dopoguerra. Una donna che vive nella perenne ricerca dell’amore da cui non desiste mai, e che si immedesima profondamente con Rita Hayworth. Malgrado i dolori e le delusioni, vive la vita ballando, cantando e seducendo.

Bar Blues è in scena il 10 settembre al Teatro Munari e nella splendida cornice del Chiostro Santa Maria alla Fontana di Milano dal 15 al 18 settembre. Ne è protagonista Federica Bognetti, che ha anche diretto lo spettacolo. Sul palco, accanto a lei, troviamo il musicista Emiliano Vernizzi.

Intervista a Federica Bognetti
Perché la protagonista si identifica così tanto con Rita Hayworth?
Giovanni Testori la dipinge come una donna che potrebbe assomigliare alla protagonista del film “Gilda”. Detto ciò, se vogliamo fare una riflessione un po’ più profonda, potremmo anche dire che essere Gilda, Rita Hayworth e il mito che lei rappresentò e incarnò in quel periodo è anche una condizione dell’anima: significa essere un simbolo d’amore e un sex symbol, perché Rita Hayworth e Gilda erano delle femme fatale.
I ricordi dolorosi di questa donna sono un po’mitigati dalla sua ironia?
Assolutamente sì. Nel suo racconto, Giovanni Testori mette una grande umanità e una notevole capacità del personaggio nel rilanciarsi sempre e comunque. Spero che sia così anche per quanto riguarda la mia interpretazione, nel senso che come attrice cerco sempre di riportare una visione ironica e autoironica. Spero quindi di avere ben interpretato questo aspetto sul palco.
A cosa si deve il titolo dello spettacolo?
Al fatto che la mia idea di messinscena porta il personaggio dentro una sorta di cafè chantant molto spartano ed essenziale. Nello spettacolo, oltre al testo di Giovanni Testori di cui ho creato la riduzione, il compositore e sassofonista Emiliano Vernizzi ed io abbiamo curato una drammaturgia sonora che si fonde con la parola. Nello stesso tempo ci sono delle canzoni dell’epoca da me scelte, che accentuano alcuni snodi drammaturgici e interpretano alcuni passaggi con una sfumatura molto precisa riguardo alla visione della vita, dell’amore e della libertà, che sono i temi fondamentali dello spettacolo.
E’ anche un omaggio alla Milano di quegli anni?
Indirettamente sì, perché il racconto fa parte di una raccolta di Testori dedicata a Milano che descrive personaggi della città dopo la seconda guerra mondiale. Nelle modalità di scrittura e racconto ci sono sicuramente scatti della città di quel tempo, anche se il mio modo di interpretare è a tratti più lombardo che milanese. Nella mia parlata lascio infatti uscire anche inflessioni più legate alle mie origini bergamasche, ma lo faccio sempre in modo molto blando.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Federico Riccardo per la collaborazione