MONICA BONOMI, “TUTTA CASA, LETTO E CHIESA”

Tre donne molto diverse fra loro. Divertenti, esilaranti, commoventi e drammatiche. Tre donne che raccontano il proprio quotidiano, troppo spesso caratterizzato da violenze e sopraffazioni. Un testo di Dario Fo e Franca Rame, scritto nel 1977, che ha fatto la storia del teatro, ma che allo stesso tempo è stato illuminante per generazioni di donne e uomini. Un testo storico, che da sempre mantiene immutate forza comica e portata sociale.

Tutta casa, letto e chiesa è in scena in prima nazionale al Teatro Out Off di Milano fino al 10 ottobre. Diretto da Lorenzo Loris, vede protagonista Monica Bonomi, in scena con Tommaso Di Pietro.

Intervista a Monica Bonomi

In che cosa sono diverse e in che cosa sono simili le tre donne che porti in scena?

“Sono diverse perché i temi dello spettacolo sono differenti. Appartengono però allo stesso quadro. Quando una donna ha una mente pensante o si ribella a certe etichette, si verifica inevitabilmente un fatto: o questa donna spaventa o deve affrontare una guerra con il marito, se non addirittura con l’intera comunità, come accade in Medea. Oppure deve fronteggiare una sorta di pregiudizio culturale precostituito. Il primo monologo parla di una donna rinchiusa in casa dal marito per una serie di motivazioni molto futili che la costringono a subire un trattamento del genere. Un trattamento che non è plausibile per nessun motivo. Lei però accetta questa situazione proprio perché acconsente a essere relegata nel ruolo di madre e moglie devota. Finché lo scambio con una vicina di casa non la mette in una condizione di maggiore consapevolezza di quei diritti e di quella ribellione che comunque ribolle dentro di lei.”

Perché questo spettacolo ma soprattutto questo testo è allo stesso tempo comico e grottesco?

Perché le situazioni sembrano apparentemente estremizzate. Dico apparentemente perché è chiaro che in una vita quotidiana normale di persone normali non è contemplabile il fatto di accettare in maniera così leggera e semplice una sorta di sequestro di persona in casa o di raccontare a una bambina una favola piena di parolacce, dove il Principe Azzurro non è tanto azzurro, la Fata Turchina è una femminista incallita e la bambolina è una coscienza che dice una marea di parolacce che la bambina ripete e impara. Nel terzo monologo abbiamo poi Medea che uccide i figli per dare voce a una sofferenza femminile che viene buttata via. Perché con il passare degli anni, quando non si è più giovani, il dolore diventa una specie di immondizia umana. Anche i figli non restano più con le proprie madri e se ne dimenticano.”

Solo due geni come Dario Fo e Franca Rame avrebbero potuto scrivere un testo come “Tutta casa, letto e chiesa”?

“Io penso che loro abbiano potuto scrivere un testo come questo perché erano immersi nella società politica e civile dell’epoca. Quindi avevano una chiara visione delle esigenze delle persone più invisibili.”

Che messaggio vorresti mandare a tutte le donne vittime di violenze e soprusi?

Secondo me uno degli elementi cardine che spinge una donna a sopportare aggressioni così drammatiche è dentro forse alla speranza che un uomo, di cui lei si era innamorata, possa cambiare e migliorare. Invece non succede mai. Gli uomini sono molto bravi a convincere le proprie compagne con le parole oltre che con le mani. E’ chiaro che poi ogni situazione è diversa, non è possibile generalizzare. Ci sono donne che scapperebbero volentieri e che per paura non ci riescono. Io mi rivolgo soprattutto a quelle donne che inizialmente sottovalutano la violenza; non perché siano stupide, ma perché si innesca una dinamica molto perversa, cioè quella del perdono e del senso di colpa. Non so per quale cavolo di motivo noi donne abbiamo sempre dentro un senso di colpa! Quando ci ribelliamo a qualcosa, subito dopo ci sentiamo in colpa per essere state troppo aggressive, antipatiche e frettolose nei giudizi.”

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  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Ippolita Aprile per la collaborazione