Un cantiere abbandonato a Villagrazia, il luogo dal quale partì Paolo Borsellino per andare incontro alla morte. In questo cantiere un uomo fa rotolare per terra delle arance. Tra le lamiere appaiono quattro figure che il profumo delle arance ha tolto dalle ombre. Si chiedono dove sono, quale è la terra in cui si trovano. Si riconoscono. Sono le anime di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e Agnese Piraino Leto.
Nel tempo che ci resta. Elegia per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è in scena alla sala Fassbinder del Teatro Elfo Puccini di Milano dall’1 al 19 dicembre. Lo spettacolo è stato scritto e diretto da César Brie, anche protagonista con Marco Colombo Bolla, Elena D’Agnolo, Rossella Guidotti e Donato Nubile.
Parla César Brie
Quel 19 luglio 1992 Paolo Borsellino sapeva di andare incontro alla morte, secondo lei?
Sì, assolutamente. Aveva anche detto alla moglie di essere già un cadavere che camminava. Il giorno prima erano andati da soli a Villa Grazia. Quella mattina aveva finalmente ricevuto la telefonata del procuratore che gli concedeva una cosa che chiedeva da mesi. Lo aveva chiamato alle sette di mattino di domenica e lui si era arrabbiato moltissimo. Ne era conscio, anche se non sapeva che sarebbe successo in quell’istante e in quella forma. Durante il pranzo con i suoi amici, prima di morire, dice a uno di loro che era arrivato il tritolo per lui. Con quella frase confermava di sapere che sarebbe morto con un’autobomba.
Che cosa racconta di sé il pentito Tommaso Buscetta?
Spiega agli spettatori quegli elementi che permettono di collocare la sua figura nel lavoro compositivo. Parla di come è diventato un mafioso fin da piccolo, a 16 anni. E’ spavaldo, odia gli sbirri e crede in una mafia che non esisteva. L’aspetto che differenziava Buscetta dagli altri mafiosi è che lui non cercava mai il potere ma le donne. Era però un uomo molto oculato, attento e coerente con lo stile mafioso dell’omertà, fedele ai principi che aveva, non a quelli generali dei mafiosi. Infatti, quando lui sceglie di pentirsi, decide che quella non era la mafia che conosceva lui.
Cerchiamo quindi di raccontare la vicenda di un uomo che diventa un mafioso, perché è nato in alcune situazioni e ha conosciuto certe persone. Legato a Buscetta, c’è il fatto che la mafia si è ridestata nel profondo Sud con l’arrivo degli americani che si sono avvalsi dei suoi servizi per combattere i tedeschi. Infatti Buscetta, come tanti altri mafiosi, era antifascista e anticomunista. In quell’epoca, subito dopo la guerra, hanno fatto fuori cinquanta sindacalisti comunisti.
Cos’è cambiato nella lotta alla mafia dopo la morte di Falcone e Borsellino?
E’ cambiata la mafia stessa in modo radicale. Dopo le bombe fatte mettere da Riina e la trattativa che ha tolto dal carcere duro trecento mafiosi, ha abbandonato la strada stragista. Subito dopo le bombe di Milano e Firenze, la mafia non più ha cercato lo scontro ma la convivenza, cosa che fa ancora oggi. Infatti tutte le nuove inchieste sulla ‘ndrangheta e su Cosa Nostra condotte da Gratteri rivelano una mappa desolante dell’Italia: tantissimi comuni sono stati commissariati per mafia e la presenza della criminalità organizzata è strisciante negli affari della repubblica. Il movimento di terra in Lombardia è in gran parte in mano alla mafia ancora oggi. E’ difficile scoprirlo quando hanno in mano un appalto o un subappalto. Riina in quegli anni era forse diventato il più grande imprenditore edile italiano. La mafia si sta quindi riciclando.
A Milano succede spesso che apra un ristorante molto grande, ma noi lo vediamo vuoto e dopo un po’ di tempo, lo chiudono. Succede la stessa cosa per tutte quelle attività che fanno diventare bianchi i capitali della mafia, che deve perdere soldi e investire per rendere quei denari puliti. Questo oggi accade costantemente in tutta la repubblica. Poco fa è stato commissariato il consiglio regionale della Valle d’Aosta per questo motivo. Le infiltrazioni mafiose sono arrivate fin lì. Questo ha aiutato l’istituzione del confino negli anni Sessanta, dove venivano mandati tanti mafiosi. Questa strategia ha creato piccole isole d’azione per la mafia in quei luoghi.
Su quali fonti si è basato per scrivere questo spettacolo?
Credo di aver letto tutto quello che è stato pubblicato sull’argomento: un libro sulla mafia a Milano scritto da due giornalisti, in cui ho scoperto una presunta affiliazione alla ‘ndrangheta dell’ex presidente dell’Argentina Macrì; i libri di Giovanni Falcone e Giuseppe Ayala su Falcone. Poi ho letto tutto quello che hanno scritto Saverio Lodato, Enrico Deaglio e i parenti dei due magistrati, i libri sull’agenda rossa e tantissimi articoli scritti da periti informatici e balistici.
Credo di avere lavorato tre anni a questo spettacolo. Infatti quando dovevamo metterlo in scena, è iniziata la pandemia ed ero anche molto arrabbiato perché in quel momento era uscito il film su Tommaso Buscetta. Personalmente, mi ero talmente innamorato della sua figura che, pur non dovendo recitare nello spettacolo ma soltanto scriverne il testo e farne la regia, ho deciso di ritagliarmi un ruolo per interpretare il suo personaggio. Ho letto la sintesi degli atti fatta da Marco Travaglio e Marco Lillo sul processo della trattativa. E’ un librone di 800 pagine. Abbiamo però cercato di evitare di fare un lavoro giornalistico. Ci siamo più concentrati su un testo artistico che ha un altro scopo.
- Intervista di Andrea Simone
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