Il generale Dietrich von Choltitz, governatore di Parigi durante l’occupazione nazista, e il console svedese Raoul Nordling, nella notte tra il 24 e il 25 agosto 1944, si fronteggiano in uno scontro verbale senza esclusione di colpi. Il generale ha ricevuto l’ordine perentorio di Hitler di radere al suolo la città e sterminare i suoi abitanti e il console usa tutta la sua capacità dialettica e la sua arte diplomatica per convincerlo a disobbedire all’ordine del Führer.
Diplomazia è in scena alla sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini di Milano dal 14 ottobre al 14 novembre. Scritto da Cyril Gely e diretto da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, vede protagonista lo stesso Ferdinando Bruni, Elio de Capitani, Michele Radice, Alessandro Savarese e Simon Waldvogel.
Parla Ferdinando Bruni
Quanto c’è di storicamente realmente accaduto e quanto c’è di fantasia nello spettacolo?
Di storicamente accaduto c’è il progetto di distruggere Parigi nella ritirata dell’agosto 1944, c’è il fatto che Parigi era stata effettivamente minata e che il console svedese ha incontrato il generale von Choltitz. Dopo il loro incontro l’ordine è stato ritirato. Quello che si sono detti è però opera della fantasia di Cyril Gely, che ha costruito quest’ipotetica notte, anche se in realtà i movimenti diplomatici per impedire questa cosa sono stati più complessi e anche un po’ più lunghi di una sola notte. Alla fine di questa vicenda a Raoul Nordling è stata data la medaglia d’oro della Legion d’onore. Quindi il suo ruolo è stato effettivamente cruciale. Non sappiamo ovviamente cosa si sono detti loro due, non è agli atti.
Cosa accadde veramente la notte tra il 24 e il 25 agosto 1944?
Non lo sappiamo. Ci fu un incontro tra il console generale di Svezia a Parigi e il generale von Choltitz, che era stato mandato a Parigi due settimane prima. Era infatti evidente che gli Alleati stavano avanzando e che i tedeschi avrebbero dovuto lasciare Parigi. Lo avevano mandato proprio per organizzare la ritirata, cosa che comprendeva anche la distruzione di Parigi. Quello che è successo veramente quella notte è che si sono incontrati.
Detto questo, non sappiamo poi cosa si sono detti. Di fatto era tutto pronto per la distruzione di Parigi, erano in previsione perdite umane per più di un milione e mezzo di persone e quest’ordine folle è stato poi disatteso, nonostante una cosa che crea ulteriore tensione nella vicenda: il generale che doveva compiere quest’azione, pur rendendosi conto che era una follia e una crudeltà inutile perché la guerra era ormai persa per i tedeschi, era sotto ricatto perché Hitler aveva emanato una legge che diceva che le famiglie degli ufficiali impegnati in operazioni fuori dalla Germania erano praticamente in ostaggio e che se questi generali non avessero obbedito agli ordini del Führer, avrebbero sterminato le loro famiglie.
Quindi c’era questo pesantissimo ricatto sulla testa del generale che gli impediva di disattendere a questo ordine di Hitler. Inoltre, un mese prima c’era stato l’attentato contro di lui da parte dell’élite dei generali prussiani del suo esercito. Quindi i generali erano sotto scacco.
Libertà, destino e rapporti individuali: sono questi i temi principali dello spettacolo?
Sì, sono questi. Il generale dice: “Io sono nato in una famiglia impregnata di spirito militare”. Questo tipo di ideologia, che all’inizio può sembrare anche permeata di idealismo e di nobili principi, alla fine porta ad azioni mostruose come quella di pensare di poter distruggere una città con un valore simbolico per l’umanità come Parigi. Quindi è questo il discorso, è questo il grande dilemma che divide in due, che lacera la coscienza del generale: quello fra la coscienza di dover compiere un atto disumano e invece il suo privato lutto nei confronti di un’eventuale perdita della famiglia, quindi destino individuale e destino collettivo.
E’ la volonta di sopravvivenza della cultura che alla fine sopravvive?
Il generale e il console sono due concezioni della vita. Da una parte abbiamo una concezione rigida, idealista e militare il senso del dovere nonostante tutto; dall’altra invece abbiamo una concezione della vita legata non solo all’arte ma anche al piacere di vivere. A un certo punto il console evoca per il generale un’immagine di come potrebbe essere Parigi qualche anno dopo la guerra ed è la Parigi che tutti noi amiamo, quella della Senna, della luce di marzo, della gioia di vivere. Sono questi i due elementi contrapposti: da una parte la vita, dall’altra una filosofia mortifera che può arrivare a estremi come quelli.
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- Intervista di Andrea Simone
- Foto di Laila Pozzo