Ferdinando Bruni, “Edipo Re – Una favola nera”

Un viaggio attraverso una delle più famose leggende che ci arrivano dal mondo remoto, eppure vicinissimo, della civiltà greca. Una vicenda che ha l’andamento di una favola, con tanto di principe/bambino abbandonato sui monti, che divenuto impavido cavaliere, uccide un mostro ottenendo una bella regina in sposa e una corona di re.

Immagini del canale Youtube “Teatro Elfo Puccini”

Edipo re – una favola nera è in scena alla sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini di Milano fino al 14 aprile. Scritto e diretto da Francesco Frongia e Ferdinando Bruni, presente anche in scena, lo spettacolo vede protagonisti Edoardo Barbone, Mauro Lamantia e Valentino Mannias. I costumi sono di Antonio Marras, le maschere di Elena Rossi.

La parola a Ferdinando Bruni

Perché la tragedia qui incontra la fiaba?

In realtà il termine “fiaba” è usato per riferirsi al mito. La parola “favola” per noi ha un valore archetipico molto forte che si trasmette di generazione in generazione. Le favole che ci hanno raccontato da bambini sono le stesse che avevano ascoltato i nostri padri, i nostri nonni e i nostri bisnonni. Sono infatti vicende che contengono una forte valenza simbolica e che ci toccano anche da vicino. E così anche per il mito, una forma più elevata della favola. L’aspetto che ha colpito Francesco Frongia e me è che la storia di Edipo si tramanda da almeno 2500 anni se ci fermiamo a Sofocle, ma anche da prima, perché era un mito preesistente.

Si va a iscrivere quindi nel filone delle favole, anche perché può essere raccontata come tale. Abbiamo il figlio di un re che viene abbandonato, consegnato a un pastore perché lo abbandoni nel bosco, il pastore lo dà a un altro pastore che lo dà a un altro re. Il principe cresce, sconfigge un mostro e sposa in premio una regina. C’è tutta la struttura di una favola, anche se poi è invece nella parte finale e tragica che risiede l’aspetto più toccante e perturbante del mito.

Il re si smaschera e crolla un mito, perché agli occhi del pubblico appare come un mostro, giusto?

Qui si apre il dibattito interessante per chi vede Edipo. Certo, appare come un mostro ma ha qualcosa di eroico. Il suo ultimo compito è infatti quello di trovare la verità di se stesso, dato che sta governando un regno che vive un momento tragico. C’è una pestilenza mandata dagli dèi per punire un colpevole di cui non si sa il nome. Edipo fa questa ricerca a costo di scoprire che il colpevole è lui stesso. Nel momento in cui quindi scopre di essere un mostro, diventa anche un eroe perché si sacrifica per la comunità e per il bene dello Stato. E’ dunque un personaggio veramente doppio perché è il detective e il colpevole, è l’analista e l’analizzato. E’ un personaggio che risuona ancora adesso in maniera molto attuale e vicina alla sensibilità contemporanea.

Però sono due doti positive a causare la sua caduta: il coraggio e il senso di giustizia. Com’è possibile?

E’ proprio questo voler cercare anche la verità su se stesso e arrivare al fondo di sé per capire dove sono la frattura e il disequilibrio che lo portano a scoprire che la colpa è dentro di lui, anche se un altro aspetto interessante è che la maledizione che lo perseguita non è dovuta a una sua colpa ma a quella del padre, perché uccide Laio senza sapere chi è e non sapeva che la regina che avrebbe sposato era sua madre.

Da un certo punto di vista sono colpe incolpevoli e la maledizione per cui Edipo viene distrutto riguarda una colpa del padre, che invece ha infranto l’obbligo dell’ospitalità ed essendo ospite di un re suo amico, ha violentato il figlio del re. Ha quindi usato violenza e violato le regole dell’ospitalità, dunque è stato punito per questo con la maledizione che diceva che se avesse fatto un figlio, lui lo avrebbe ucciso. Lui non vuole quindi farlo, però una notte si ubriaca, si accoppia con Giocasta e nasce Edipo. Da lì nasce tutta la storia di cui Edipo in pratica ha ben poche colpe.

Sono molto importanti i costumi dello stilista Antonio Marras, giusto?

Sì. Il lavoro che abbiamo fatto con Antonio Marras è abbastanza centrale per il risultato finale dello spettacolo. Antonio Marras è qualcosa di più di uno stilista, perché è un artista che espone anche nelle gallerie. Qualche anno fa ha fatto una grande mostra alla Triennale di Milano dove ha presentato anche il suo lavoro che va oltre la cura di una linea d’abbigliamento. Il lavoro che ha fatto con noi è stato abbastanza simile a quello che noi abbiamo fatto con il nostro testo, costruito usando materiale che riguarda Edipo da Sofocle fino alla seconda metà del Novecento.

Lui si è immerso nel nostro magazzino costumi e ne è uscito con una serie di materiali che ha stratificato, reinventato e ricreato. Ogni costume è una specie di scultura che racconta e crea il personaggio che veste. C’è una mostra nell’ingresso del teatro che si chiama Vestire il mito, dove questo lavoro viene raccontato attraverso bozzetti, materiali e immagini di riferimento che hanno ispirato ogni personaggio.

  • Intervista di Andrea Simone
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