FERDINANDO BRUNI, “IL SEME DELLA VIOLENZA”

Nell’ottobre 1998, Matthew Shepard, uno studente americano di 22 anni venne brutalmente ucciso per una questione di odio omofobico. Ad ammettere la futile motivazione furono gli stessi imputati durante il processo. Poco dopo il delitto, il regista Moises Kaufman e la sua compagnia andarono a Laramie, la città dove avvenne l’efferato delitto, per intervistare gli abitanti, ricostruire gli eventi e dare un senso a questa tragedia. Ne nasce un racconto che va ben al di là della cronaca.

Immagini del canale Youtube “Teatro Elfo Puccini”

Il seme della violenza è in scena alla sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini fino al 2 luglio. Scritto dallo stesso Moises Kaufman e dai membri del Tectonic Theater Project, diretto da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, tradotto da Emanuele Aldrovandi, lo spettacolo vede protagonisti lo stesso Ferdinando Bruni, Margherita Di Rauso, Giuseppe Lanino, Umberto Petranca, Marta Pizzigallo, Luciano Scarpa, Marcela Serli e Francesca Turrini.

La parola a Ferdinando Bruni

Vogliamo ricostruire brevemente la cronaca dei fatti?

Nell’ottobre 1998, Matthew Shepard, uno studente di 22 anni all’università di Laramie, è stato aggredito e massacrato di botte da due suoi coetanei, due ragazzi senza arte né parte. Lo hanno incontrato in un pub e con la scusa di dargli un passaggio lo hanno portato in un luogo deserto alle porte della città, picchiato, derubato, legato a una staccionata e abbandonato lì per 18 ore. Un ragazzo che passava in bicicletta lo ha trovato il giorno dopo. Alla base di tutto questo c’era una componente molto forte di odio omofobico. Il ragazzo era un gay dichiarato e lo sapevano tutti perché Laramie è molto piccola.

Il mese dopo questo fatto che ha toccato notevolmente l’opinione pubblica statunitense e mondiale, la compagnia del Tectonic Theater di New York è partita per Laramie per fare 200 interviste durate un anno che poi sono diventate materiali documentari. Da questo immane lavoro ha tratto questo spettacolo che parte sì dalla cronaca di un fatto orribile, ma che è anche il ritratto di una comunità messa in crisi davanti a questo avvenimento nelle sue certezze, nei suoi pregiudizi e nel suo modo di vedere tutta una serie di cose legate ai diritti personali e umani.

Che funzione può avere il teatro in questo caso come strumento di confronto?

Secondo me è un esempio di teatro politico, che però è anche “molto teatro”. La cosa bella del Tectonic Theatre è la capacità di trasformare i materiali documentari in drammaturgia, cioè in qualcosa che oltre a toccare la mente degli spettatori ne tocca anche le emozioni e il cuore. Quindi è un modo per far passare contenuti politici anche attraverso l’empatia e il coinvolgimento emotivo. Questo secondo me è uno dei più importanti compiti del teatro.

Matthew Shepard è diventato un simbolo?

Sì, lo è diventato anche grazie ai suoi genitori. Infatti hanno creato una fondazione a suo nome, portando quindi avanti la memoria di quello che era successo. Hanno lavorato per anni finché nel 2009, sotto l’amministrazione Obama, è stata creata una legge contro i crimini d’odio. Una legge che porta il nome di Matthew Shepard e di James Byrd, una persona di colore massacrata per motivi di odio razziale. Quindi è diventato il simbolo di qualcosa che ci si augura non si debba mai ripetere, ma che purtroppo nelle cronache quotidiane troviamo in continuazione, anche se non con esiti così tremendi

Ferdinando, in chiusura vorrei accantonare lo spettacolo e spostarci sulla questione politica. E’infatti inevitabile tornare in Italia e farti una domanda sul DDL Zan: come la vedi?

Si sta tirando in lungo un gesto dovuto di civiltà verso questi eventi. In occasione del nostro debutto l’anno scorso a Napoli con uno studio sullo spettacolo, alla fine abbiamo letto un breve comunicato dove sottolineavamo che gli Stati Uniti avevano approvato la legge dedicandola a Matthew Shepard. Speravamo che in Italia non servisse un fatto così tragico per avere una legge sui crimini d’odio. Eravamo convinti che per il debutto milanese ci sarebbe stata l’approvazione della legge, ferma invece ancora in Parlamento dal 2013. E’ una cosa vergognosa. Il fatto che il relatore della legge sia un leghista mi preoccupa perché gli esiti sono evidenti. Purtroppo al momento non prevedo niente di buono, però noi continuiamo a sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi.

  • Foto di scena di Laila Pozzo