Ferdinando Bruni, “Tre donne alte”

Vincitore del premio Pulitzer e di tre Best Play Award nel 1994, Edward Albee ha creato con Tre donne alte un capolavoro di intelligenza, abilità teatrale e profondità. Mentre un’autoritaria e sarcastica signora novantaduenne sta morendo, viene accudita da due donne: una cinquantenne disillusa e dalla lingua tagliente e una venticinquenne arrogante e piena di energia. E viene visitata dall’apparizione fantasmatica di un bellissimo ragazzo.

Tre donne alte è in scena alla sala Fassbinder del Teatro Elfo Puccini di Milano fino al 22 maggio. Diretto da Ferdinando Bruni, lo spettacolo è interpretato da Ida Marinelli, Elena Ghiaurov, Denise Brambillasca ed Ettore Iannello.

A tu per tu con Ferdinando Bruni

Che tipo di ritratto della vecchiaia ci offre Albee?

Albee fa un lavoro molto interessante su quel tema, perché ci dà un ritratto molto sfaccettato. Da un certo punto di vista, nel primo atto ci presenta un personaggio che ha tutte le caratteristiche della vecchiaia più fastidiosa per sé, perché è una donna molto energica, pur avendo ormai passato i novant’anni. Ha però vuoti di memoria, piccoli accenni di demenza e una specie di disgregazione della sua personalità che però è raccontata da Albee anche con una bella dose di ironia e sarcasmo.

E’ un ritratto della madre con cui Albee ebbe un rapporto molto tormentato. Era infatti una madre adottiva che lo adottò quando lui aveva due settimane, da cui lui fuggì quando aveva vent’anni perché non accettava la sua omosessualità e quindi riallacciò i rapporti vent’anni dopo. Albee scrisse questo testo come una specie di esorcismo nei confronti di quest’invadente figura materna. Nonostante tutti gli acciacchi, ritrae una vecchiaia ancora molto combattiva e aggressiva nei confronti di chi sta intorno. Gli altri due personaggi sono una specie di badante, che forse è anche una parente povera, e una giovane avvocato che lavora nello studio legale e che cura gli interessi della signora. Sono entrambe vittime della sua protervia.

Come escono le tre donne da questo tipo di ritratto?

Il primo atto è quasi un monologo del personaggio della donna più anziana, che Albee chiama A e non le dà nemmeno un nome. Nel secondo atto, si scopre che le tre donne sono in realtà tre momenti diversi della vita di questa donna. Si scopre cioè che la ricca signora anziana alla fine del primo atto ha un attacco e probabilmente morirà. Nel secondo atto la vediamo però tra la vita e la morte sul suo letto, circondata dalla tre figure che sono lei qualche anno prima, quindi ancora padrona del suo corpo e della sua mente, lei a 50 anni e lei a 25. I tre momenti della vita di questa donna si confrontano e raccontano attraverso il loro confronto tutta una vita: rimpianti, recriminazioni e momenti felici. E’ un bilancio di un’esistenza.

Sono il perdono e la riconciliazione i temi di questo spettacolo?

No, non particolarmente. Ci sono come temi, ma non si chiude con una riconciliazione o un perdono. Il figlio che se n’è andato ritorna come immagine fantasmatica per mettersi al capezzale della madre morente. Quello che però viene sottolineato più volte è che i rapporti sono formalmente ineccepibili, ma che la madre non ha mai perdonato il figlio. Tant’è vero che racconta di un sogno in cui lei è morta pur essendo cosciente da morta.

Vede il figlio che entra nella camera e si china a baciarla perché ci sono la cameriera e l’autista. Lo fa solo per convenienza sociale. E’ un testo molto duro. Alla fine le tre donne fanno una specie di bilancio. Ognuna fa una sorta di piccolo spot sulla sua età, ma il pezzo si conclude con la più vecchia che dice: “Il momento più bello è quando finalmente possiamo smettere, riposarci e finire con la vita”.

C’è qualcosa di simile con “Chi ha paura di Virginia Woolf?”

C’è la grande abilità di scrivere dialoghi divertenti e di dirsi la verità in faccia senza più nessun infingimento e soprattutto questa grandissima realtà di scrittura, di ritmo e di umorismo al vetriolo. Sono molto simili in quello. C’è un tocco inconfondibile nella scrittura di Albee in questo testo.

  • Intervista di Andrea Simone
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