Le rane è una commedia dall’alto valore artistico e sociale che Aristofane portò in scena nell’Atene del quinto secolo. Il regista Marco Cacciola la fa rivivere sul palcoscenico del Teatro Fontana fino al 30 gennaio con un sorprendente viaggio agli inferi. Il pubblico assiste così alle drammatiche vicissitudini del dio Dioniso e del suo servo Xantia, diretti verso l’Ade per trovare un poeta che salvi la città dalla decadenza culturale.
Nel cast troviamo Giorgia Favoti, Matteo Ippolito, Lucia Limonta, Claudia Marsicano e Francesco Rina.
Gli obblighi della polis
In questa commedia siamo più che mai di fronte a una responsabilità sociale e culturale del teatro?
Assolutamente sì. Nelle commedie antiche – soprattutto in quelle di Aristofane – la città era richiamata alle proprie responsabilità e ai propri doveri. Il dio Dioniso e il suo servo Xantia cercano un poeta proprio perché la città in balia della tempesta si salvi.
Quindi la poesia ha un funzione catartica, ma in scena c’è un coro che ha una funzione molto importante per un determinato motivo. Quale?
Ho portato al presente una pratica ricorrente anche 2500 anni fa: gli attori erano tre e il coro era formato dai cittadini. Nei quartieri di Atene esistevano infatti gruppi di persone che frequentavano laboratori dove venivano scelti i coristi delle tragedie e delle commedie. Ho pensato di rimettere la città sul palco e di immaginare un coro di cittadini e cittadine a cui è affidata quella voce sommersa, quella poesia collettiva di una città tipica degli antieroi, di persone che vivono la polis ogni giorno e che si domandano continuamente come salvarla.
Attori, cittadini, commedia e tragedia
C’è un criterio con cui hai scelto i cittadini e le cittadine che ogni sera sul palco cambiano?
No. Grazie all’interessamento di alcuni di loro e del comune di Milano abbiamo ricevuto oltre un centinaio di richieste. E’ rimasto poi uno zoccolo duro di persone che hanno deciso di fare i laboratori. Alla fine del rinvio dello spettacolo durato due anni a causa della pandemia, Elsinor e il Teatro Fontana si sono assunti la grande responsabilità di mettere in scena una produzione composta da moltissime persone e un viaggio negli inferi pieno di interrogativi. Le persone del coro rappresentano molto la città per età, genere e provenienza sociale. Ogni sera cambiano; cinque rimangono sul palco e cinque in platea, ma variano continuamente proprio per essere più rappresentative.
Il testo originale a cui hai lavorato è attuale ancora oggi?
L’idea è quella di portare al presente il gioco del corpo comico nella prima parte e l’interrogativo sul senso del tragico nella seconda. Questa commedia nasce come il road movie del dio Dioniso e del suo servo Xantia che incontrano varie persone, eroi e miti perché gli indichino la strada verso gli inferi, dove nell’originale si scatenano il confronto e la sfida tra Eschilo ed Euripide per stabilire chi sia il miglior poeta tragico e quali siano il senso, la struttura e i risvolti politici della tragedia.
Noi abbiamo invece deciso di sintetizzare la grande domanda sul senso del tragico. Come si fa a ritornare ad avere visione dei miti, a indagare sul significato della tragedia e del nostro lavoro nel 2022 rispetto a una prima parte più simile al teatro novecentesco brillante e divertente in cui i riferimenti ai giorni nostri sono evidenti? Il linguaggio comico apre il pubblico all’attesa per accogliere il grande interrogativo ed entrare nella tenebra della seconda parte.
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringrazia Martina Parenti per la collaborazione
- Foto in evidenza di Luca Del Pia
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