Torna solo per una sera, martedì 2 ottobre, sul palcoscenico del Teatro Nuovo di Milano uno degli artisti italiani più apprezzati per la sua comicità: Jerry Calà che con il suo Non sono bello…piaccio ripropone alcuni degli sketch più divertenti nati durante una carriera lunga 45 anni. Una storia che ha scritto alcune pagine del cinema della commedia all’italiana. Con racconti di vita vissuta, gag e canzoni indimenticabili, Calà travolgerà il pubblico in due ore di grande divertimento.
Intervista a Jerry Calà
“E’ una miscela vincente quella da lei messa in atto, perché unisce musica, comicità e coinvolgimento del pubblico, giusto?”
“Sì, certo, credo proprio di sì, perché è una formula in cui gioco con le canzoni. Il piccolo segreto del successo dello spettacolo sta nel fatto che io non faccio quasi mai le canzoni intere. Propongo le parti salienti, le incastro con qualche altra canzone e poi, tra un medley e l’altro, racconto qualcosa, dico battute, scherzo e coinvolgo il pubblico. Questo mix di cose fa sì che lo spettacolo sia molto gradevole, coinvolgente e divertente per gli spettatori.”
“Cosa le manca di più degli Anni Ottanta?”
“Lo racconto anche nello spettacolo: mi manca un po’ l’entusiasmo che c’era in giro, soprattutto tra noi giovani. Avevamo voglia di fare, di sperimentare e soprattutto di andar via da casa e di affrancarci dai nostri genitori. Non voglio tirare fuori la stupidaggine che è stata detta anni fa sui bamboccioni, ma se oggi i ragazzi rimangono a casa fino a tardi, forse è più colpa di una generazione di genitori che vuole essere un po’ troppo protettiva verso i figli. Oggi se un ragazzo ha preso una nota a scuola, i suoi, invece di rimproverarlo, vanno a picchiare l’insegnante.”
“Secondo lei quindi oggi manca un entusiasmo che invece c’era allora?”
“Sì, ma non è tanto colpa dei ragazzi, ma di una generazione di genitori che vede i figli come trofei da mostrare anziché come persone da educare. E’ una cosa che ho sperimentato anch’io portando per anni mio figlio alla scuola di calcio, dove la maggior parte dei genitori credono di avere in casa Ronaldo o Maradona. C’è un po’ di confusione e un po’ di voglia di ‘arrivare’ facilmente. Una volta volevamo essere famosi per la nostra bravura come attori o come comici. Oggi invece l’aspirazione è quella di diventare famosi andando a fare i tronisti o ‘Temptation Island’. Questa è la differenza. Ai ragazzi che mi chiedono un consiglio per fare il mio lavoro io rispondo di essere onesti con se stessi e di chiedersi se hanno veramente talento. Se ce l’hanno, gli consiglio di andare contro i mulini a vento. In caso contrario è meglio che lascino stare, perché il talento è una cosa che si ha dentro ma non si impara. Si può perfezionare ma nasce da noi.”
“Il suo modo di rivolgersi al pubblico cambia a seconda che faccia lo spettacolo nelle discoteche o in teatro?”
“Assolutamente sì. Infatti io dico sempre che ho le marce a seconda del posto dove sono. Dopo 4-5 minuti che sono uscito su un palco, ho già capito che tipo di ambiente e di pubblico ci sono. A seconda di questo aspetto, batto più su alcuni tasti che su altri, mi concentro di più sulla parola piuttosto che sulla musica. Il mio è uno spettacolo molto elastico, che si adatta al teatro, alle discoteche e alle piazze, dove a volte arrivano anche settemila persone in una sera.”