“CANDIDO”: QUANDO LA COMMEDIA DIVENTA TRAGEDIA

Candido nasce per divertire, ma lo spirito tagliente e la capacità parodistica di Voltaire ci trascinano nella tragedia senza che ce ne accorgiamo. In questa versione per il teatro, il Maestro Voltaire è collocato durante una sua polemica apparizione nel pieno del terremoto di Lisbona del 1755, fattore scatenante di una profonda trasformazione di ordine mentale, economico e istituzionale, nonché della scrittura di Candido.

Al Pacta Salone

Candido è in scena al Pacta Salone di Milano dal 9 al 18 aprile. L’adattamento è di Maddalena Mazzocut-Mis, la regia di Annig Raimondi, e ne sono protagonisti Alessandro Pazzi e Fabrizio Rocchi.

La parola ad Alessandro Pazzi

“Quant’è importante il terremoto di Lisbona del 1755 all’interno dello spettacolo?”

“E’ l’assoluto protagonista, perché Voltaire scrive il Candido per commentare quanto successo a Lisbona nel 1755, per dare la sua idea filosofica su quanto accaduto. Il terremoto non è un castigo di Dio, non è una punizione, ma fa parte della leggi di natura. E’ da quell’episodio che lui decide di scrivere il Candido.”

“E’ una specie di lezione scientifica quella che Voltaire tiene nel dialogo con il suo protagonista?”

“Assolutamente sì. Attraverso il terremoto lui spiega alla sua creatura che non viviamo per nulla nel migliore dei mondi possibili, anzi. Tiene sempre il terremoto, le tempeste, le sciagure, le catastrofi e tutto il male del mondo come esempio e come monito a tutti noi per dirci che non viviamo assolutamente nel migliore dei mondi possibile.”

“In che modo Candido si scontra con il mondo e la realtà?”

“Voltaire scrive una favola molto allegra come contenuto, però Candido è provato da mille avventure e mille tragedie. Quindi il mondo si scontra con lui e lui si scontra col mondo. Alla fine l’aspetto tragicomico è che lui rimane Candido. Trova Cunegonda vecchia, brutta e oscena, ma continua ad amarla e la sposa. E’ come se il mondo non avesse cambiato Candido. Tutte le avventure e le tragedie non lo hanno cambiato, lui è rimasto Candido. Questa è l’ironia di Voltaire rispetto all’esempio che Candido dà a tutti noi. Infatti nel finale dice: Vuoi l’orto? Ti do l’immobilità. Però l’immobilità non è fatta per noi, non è per l’essere umano.”

“Però in questo testo Voltaire fa anche una critica alla società dell’epoca, giusto?”

“Assolutamente sì. A un certo punto porta Candido nella Guyana francese dove ci sono gli schiavi della canna da zucchero senza braccia e senza mani, perché i padroni gliele tagliano per non farli fuggire e alla fine dice: E’ a questo prezzo che noi in Europa possiamo bere una buona tazza di cioccolata zuccherata. Quindi parla dello sfruttamento, che è un tema attualissimo, della nobiltà contrapposta alla ricchezza con il nobile che vive da solo in un palazzo con le stampe antiche, però è annoiatissimo.

C’è una critica feroce alla società. C’è la guerra. Voltaire descrive il villaggio dei vinti, dove vincitori e vinti facevano la fame allo stesso modo. In questo è quasi brechtiano. Tra i vincitori, la povera gente non ha più nulla. Poi c’è il tema della religione: Voltaire parla male dei gesuiti, quindi più attuale di così si muore. Sembra che l’abbia scritto in questo momento. Infatti all’epoca la pubblicazione di questo volumetto non è stata per niente facile. “

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Giulia Colombo per il supporto professionale