Un secolo di storia a teatro. Cento anni incredibili ripercorsi in un’ora attraverso video, audio, attori reali e avatar virtuali. In questo cammino seguiamo un ragazzo italiano in una sorta di viaggio nel tempo, dalla nascita del fascismo tra il 1919 e il 1920 allo scoppio della pandemia tra il 2019 e il 2020.
Walter Valeri e Ivonne Capece portano in scena al Teatro Fontana di Milano, il 7 e l’8 ottobre, 20/20 Il futuro è già in onda (sblocco 5). Ne è protagonista, insieme a Giulio Santolini, la stessa Ivonne Capece, che ha anche firmato la regia.
Quattro domande a Ivonne Capece
Quali sono le caratteristiche del vostro personaggio?
Incarna un volto collettivo. E’ un giovane contadino, che attraversa un periodo che parte dalle guerre per l’unità d’Italia. Entra nel Novecento delle fabbriche, del cinema, degli anni ruggenti e della Prima Guerra Mondiale, portando con sé tutto il carico del mondo agricolo e di un conflitto risorgimentale che non ha sentito né capito. La Prima Guerra Mondiale rappresenta il battesimo di fuoco della nazione, anche se l’Italia non voleva affatto imbracciare le armi. Poi questo ragazzo, dopo il secondo conflitto bellico mondiale, rappresenta l’Italia del consumismo, degli anni 80 e 90. E’ come se fosse un’altalena che va avanti e indietro.
C’è la ricerca di un senso a tutti gli eventi della Storia in questo spettacolo?
Sì. Il senso è rappresentato dal fatto che il Novecento è stato un secolo che ha costruito dei sogni per poi demolirli.
Sono stati cent’anni di solitudine?
Non saprei. Forse sono stati cent’anni di solitudine condivisa.
Perché nelle note di regia dici che non stiamo salvando il nostro agnello d’oro ma lo stiamo mettendo in pericolo?
L’agnello d’oro è una parte di noi stessi che portiamo nel futuro. E’ l’eredità che lasciamo a chi verrà dopo di noi. La tesi del nostro spettacolo è che abbiamo cominciato a mettere in pericolo il mondo più di cent’anni fa. La situazione in cui ci troviamo è il risultato di una serie di salvataggi grazie ai quali la società dell’Ottocento viene condotta in un mondo nuovo, cioè quello del Novecento e della modernità, che schiaccerà la società triturandola. Il post pandemia, il futuro in cui noi stiamo entrando, il nuovo grande attraversamento, la grande crisi della democrazia, del sistema economico e delle logiche di consumo chiudono una saracinesca sui nostri giorni che naturalmente si riaprirà.
Noi dobbiamo consegnare il nostro agnello, la nostra storia e quello che siamo oggi, portandolo in salvo attraverso il varco che dal passato conduce al futuro. Non è detto che questa consegna tra epoche sia necessariamente un salvataggio vero. Lo spettacolo dice che non solo bisogna andare, ma anche che dobbiamo sapere dove andare e che cosa stiamo portando con noi. Il problema riguarda anche la distorsione dei valori, dei concetti e la trasformazione dei contenuti all’interno della storia dell’umanità.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Martina Parenti per la collaborazione