Una figura controversa ma allo stesso tempo affascinante: Caravaggio, al secolo Michelangelo Merisi. Uno spettacolo dedicato al grande artista lombardo arriva al Teatro Franco Parenti di Milano dal 21 al 26 novembre, dopo avere riscosso grande successo in Francia. Io Caravaggio, ispirato al romanzo di Dominique Fernandez La Course à l’abîme è stato scritto e diretto da Cesare Capitani, che ne è anche protagonista con Laetitia Favart. Le fasi della vita dell’artista vengono ripercorse davanti al pubblico: l’infanzia nel borgo natìo della bergamasca, la scoperta della pittura, i primi guai con la giustizia, la fuga a Roma nella speranza di fare fortuna. Una speranza che si realizza, grazie ai suoi quadri pieni di una forza e un erotismo senza precedenti. Conteso dai potenti, Caravaggio riesce ad ottenere addirittura la protezione del Vaticano, diventandone rapidamente il pittore ufficiale.
La parola a Cesare Capitani
“Mi sembra di capire che questo spettacolo metta molto in risalto anche il carattere violento di Caravaggio, oltre che il suo genio artistico. E’ così?”
Esatto. Attraverso la provocazione che c’è nei suoi quadri capiamo che c’è lo specchio della violenza che ha caratterizzato la sua vita. Caravaggio era stato arrestato, spesso era ubriaco, usava le armi, ha ucciso qualcuno e infine è stato condannato a morte.
“Quali furono la sua forza e la sua debolezza?”
Penso proprio la sua sregolatezza che lo faceva andare contro ogni regola e che gli impediva di accontentarsi di situazioni facili e comode. Ha sempre rifiutato ogni comodità, anche a rischio della propria vita.
“Quanto c’era del vissuto personale di Caravaggio nelle sue opere?”
Tutto: sensualità, genio, sregolatezza, passione per il bello, per i corpi e la nudità. Nel nostro spettacolo esce anche una relazione importante che lui ha avuto con un ragazzo: un suo collega, un pittore realmente esistito di nome Mario Minniti. Una storia vissuta a intervalli. E’ stata la sua vera grande passione, che lui, sempre per colpa del binomio genio e sregolatezza, ha poi abbandonato per ritrovarla alla fine della propria vita. Quindi è una parentesi che si chiude purtroppo verso la fine dell’esistenza di Caravaggio.
“Questo spettacolo ha avuto grande successo anche in Francia, tanto che la sera di giovedì 23 proponete lo spettacolo solo in lingua francese. Che differenze hai riscontrato tra il pubblico italiano e quello d’Oltralpe?”
Lo spettacolo è nato in Francia, dove lo abbiamo presentato anche in italiano per i nostri connazionali che abitano lì. Il pubblico francese forse è un po’ più intellettuale e più cerebrale; penso che quello italiano sia un po’ più viscerale, partecipe e “fisico”. A differenza di quello che si può pensare, i francesi non sono spettatori snob, perché vanno più spesso a teatro degli italiani. Hanno semplicemente un modo diverso di esternare: interiorizzano tutto, hanno meno reazioni durante lo spettacolo, ma sono più entusiasti negli applausi finali.