Fine Famiglia è la storia di una famiglia italiana nella sua più dannosa e nefasta accezione. E’ una partitura di corpo e parole sull’inadeguatezza collettiva, dove l’esaurimento degli errori possibili non lascia più spazio alle relazioni umane. Siamo di fronte a un rito di separazione, alla storia di un nucleo famigliare che sceglie il giorno di Natale per dirsi addio per sempre. Ma ci riuscirà?
Scritto da Magdalena Barile e diretto da Aldo Cassano, lo spettacolo, in scena al Teatro Leonardo di Milano dall’11 al 14 novembre, vede protagonisti Matteo Barbè, Natascia Curci, Nicola Stravalaci e Debora Zuin.
Quattro domande ad Aldo Cassano
Quanto rappresenta uno spaccato sociale questa famiglia?
In modo importante. Tutta la tematica è molto scottante, soprattutto dopo la bocciatura del ddl Zan in Senato. Le polemiche sono sempre più forti e ci sono conflitti sempre maggiori. Quindi parlarne in questo momento è fondamentale per riflettere.
Capita spesso che tanti conflitti sotterranei esplodano nelle famiglie – per caso o per scelta consapevole – proprio durante le feste o le vacanze. Che tipo di relazione c’è nel vostro spettacolo tra liti insanabili e festività?
E’ un rapporto molto forte, perché la pièce si svolge proprio la sera di Natale, quando possono scoppiare i più bassi ricatti affettivi. Magari è l’unico giorno in cui si incontrano alcune famiglie o si sentono obbligate a stare tutte insieme. Proprio quella sera la famiglia composta da padre, madre, figlio e figlia, decide di separarsi per sempre. Vedendo lo spettacolo, scoprirete se ci riusciranno o meno.
A un certo punto però questa famiglia dimostra anche di avere buon senso. In che modo?
Più che buon senso dimostra di avere ciò che abbiamo un po’ tutti noi: un punto nei meandri della nostra coscienza in cui troviamo un legame che difficilmente si riesce a spezzare. La madre cerca di trattenere tutta la famiglia in casa con uno stratagemma. Anche in questo caso, scoprirete quale venendo a vedere lo spettacolo.
Quali sono gli aspetti caratteriali più importanti dei personaggi?
La madre è eccessivamente affettiva, quindi tende a controllare tutto e a trattenerlo a sé. Il padre è invece più anaffettivo e distratto. Non si è mai curato dei figli ma solo del proprio lavoro. Inoltre è sempre stato piuttosto farfallone con le altre donne. Il figlio soffre di una sorta di sociopatia: non ha interesse per le donne e dimostra di essere gay. La figlia, infine, sviluppa delle patologie: è attratta da uomini molto più vecchi di lei, soprattutto perché soffre molto della mancanza dell’affetto paterno. Sono quattro caratteri ben distinti ed estremamente in conflitto tra loro.
- Intervista di Andrea Simone
- Foto di Ubaldo Tallarico
- Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione
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