Torna sul palco del teatro Martinitt, forte di un successo ormai consolidato da ben 250 repliche, la commedia più brillante di Marco Cavallaro. Non una commedia degli equivoci, bensì di un solo gigantesco equivoco causato da un’agenzia immobiliare che porterà due sconosciuti – un lui e una lei – ad affittare lo stesso appartamento. Costretti a passare un weekend insieme, rischiano il massacro, dato che Lui odia tutte “le Lei” e viceversa. Se poi ci si aggiunge anche l’Altro…
Questo però non esclude che gli sviluppi possano portare a un’evoluzione diversa e piena di speranza….That’s amore nasce da un testo di Marco Cavallaro, che ha anche firmato la regia ed è uno dei tre attori in scena fino al 4 gennaio con Claudia Ferri e Marco Maria Dalla Vecchia.
Quattro domande a Marco Cavallaro
Tu nello spettacolo interpreti il protagonista appena lasciato dalla moglie, che disperato si mette a cercare un appartamento. Ci vuoi parlare degli aspetti caratteriali e psicologici principali di questo personaggio?
Il suo tratto distintivo è la narcolessia. Si addormenta per ogni emozione, spavento o situazione forte per lui ingestibile a livello emotivo. Incontra una ragazza dipendente dalle pillole, quindi si verifica una situazione sul filo di lana che a rompersi ci mette un attimo. E’ un turbinio della follia in cui lui si addormenta, lei prende pasticche in continuazione e questo genera tante risate. A un certo punto c’è una scena esilarante che dovrebbe essere decisiva per risolvere la situazione…
In molti hanno detto che questa è la tua commedia più spassosa. Secondo te fino a che punto si può scherzare sull’amore e quando è invece il caso di affrontarlo seriamente?
Io penso che ogni aspetto della vita vada affrontato col sorriso. Per me vale sempre la famosa frase “non prendersi mai troppo sul serio”, perché il più delle volte la serietà eccessiva nuoce alla propria vita e a quella degli altri. Scherzare sull’amore quindi è bello. Il problema è che va fatto con intelligenza sia da parte dell’ironia sia da chi la subisce, perché l’umorismo deve anche essere capito. C’è una famosa frase che dice: “Io sono responsabile di quello che dico, non di quello che tu capisci”, ma spero di usare sempre un linguaggio che arriva a tutti il più possibile. Inoltre racconto storie con situazioni che più o meno tutti abbiamo vissuto. Nonostante ognuno di noi sia diverso, nella vita le dinamiche sono sempre le stesse da migliaia di anni. Io cerco di parlare dell’amore divertendomi, naturalmente sempre coi buoni sentimenti e un lieto fine dietro la porta.
In “That’s amore” si parla molto anche di precariato, cresciuto purtroppo in maniera esponenziale con la pandemia. In che periodo hai scritto il testo e come affronti questo delicato argomento?
That’s amore risale al 2015. Il precariato viene citato con la situazione professionale della protagonista che cerca di far carriera solo con le proprie forze, senza cedere a ricatti né a compromessi. Questo la rende una precaria. Lui invece si butta nel lavoro per dimenticare una storia finita ma non ce la fa, proprio per la situazione professionale incerta. Quanto alla pandemia, durante il lockdown ho scritto altri spettacoli, ma non ne ho mai parlato. Credo infatti che ci voglia un momento di disintossicazione. Magari sarà più utile raccontarlo tra 10 anni, quando si spera che tutto sia finito. Allora la gente vedendo uno spettacolo se ne ricorderà dicendo: “E’ vero, c’era il Covid”; oppure per le nuove generazioni, che potranno dire: “Se lo stiamo raccontando, vuole dire che ne siamo usciti!”
Come vengono portate all’estremo le situazioni?
Nel modo più surreale, che in teatro è sempre molto bello soprattutto se fatto bene come lo facevano i Monthy Python, anche se non mi voglio certo paragonare a loro! Molte situazioni vengono portate al limite, tanto che nella realtà uno direbbe che non farebbe certe cose QUASI mai. Questo “quasi mai” è per me molto importante, perché c’è sempre la possibilità che ciò che raccontiamo avvenga realmente, data la psicologia delle persone. Io nella situazione dello spettacolo avrei reagito in modo completamente diverso, però mi metto nei panni del pubblico e mi chiedo cosa mi piacerebbe vedere a teatro per divertirmi. E’ questo l’obiettivo con cui scrivo.
Per esempio da qualche anno ho iniziato a fare monologhi: il 10 gennaio, sempre al Martinitt, porterò per un’unica data – almeno per tutto il 2022 – Live è Cavallaro, uno stand-up dove per la prima volta sarò cattivo: affronterò argomenti tabù in una veste inedita. Mi diverte molto, perché in me è presente anche un’anima dark. E’ dunque il momento di lasciarla uscire e sfogare! Sfiorerò l’argomento del Covid solo marginalmente, ma parlerò sopratutto di come siamo diventati noi.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Federica Zanini per la collaborazione
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