“CHE DISASTRO DI COMMEDIA”: LA COMICITA’ DEL TEATRO

Una compagnia teatrale amatoriale eredita inaspettatamente un’ingente somma di denaro. Tenta così di produrre un ambizioso spettacolo su un misterioso omicidio commesso nel West End londinese negli anni Venti. Gli attori, goffi e strampalati, tentano, in un esilarante crescendo senza controllo, di parare i colpi degli innumerevoli tragicomici inconvenienti di cui sono vittime. Che disastro di commedia è l’ultimo spettacolo in cartellone per la stagione 2017-2018 al Teatro Carcano di Milano dal 3 al 13 maggio. Scritta da Henry Lewis, Jonathan Sayer ed Henry Shields, la pièce è diretta da Mark Bell e ne sono protagonisti Alessandro Marverti, Yaser Mohamed, Marco Zordan, Luca Basile, Viviana Colais, Stefano Autuori, Valerio Di Benedetto e Gabriele Pignotta. L’allestimento, con un cast tutto italiano, è uguale a quello degli spettacoli messi in scena a Broadway e a Londra.

Quattro domande a Gabriele Pignotta

“A cosa si deve il successo internazionale di questa commedia?”

Credo che sia un’operazione che esalta all’ennesima potenza una comicità univerale che è proprio quella di Stanlio e Ollio, di Buster Keaton, di Mister Bean e di Charlie Chaplin. E’ la commedia dei disastri, della scivolata sulla buccia di banana, della porta in faccia, dell’accadimento imprevisto o del palo in faccia mentre si cammina che però regala una risata istintiva. Quelli che ti ho citato hanno costruito dei personaggi comici assoluti e delle maschere universali. In questo caso, partendo da quella tradizione, è stata fatta una raccolta di gag e di situazioni portate all’eccesso col pretesto di mettere in scena un giallo. Ecco, secondo me, qual è il motivo del successo.

“In che modo la scenografia implode qui su se stessa?”

Gran parte delle disavventure che capitano agli attori è legata all’impianto scenografico, che gradualmente si distrugge: una volta cade un quadro, un’altra un pezzo di lampadario. Progressivamente, ad insaputa degli attori che vivono quest’aspetto con un senso di mortificazione che regala risate ancora più grandi, la situazione comica è stata costruita affinché la scenografia si sgretoli. 

“Quanto sono importanti i tempi comici in uno spettacolo come questo?”

Sono fondamentali e qui lo sono ancora di più. Non parliamo solo dei tempi comici all’italiana, ma di quelli legati all’entrata perfetta su una battuta, all’apertura della porta in un determinato momento, alla posizione dell’attore molto precisa quando la porta si apre e a una serie di prestazioni fisiche e acrobatiche notevoli. Il regista Mark Bell ha costruito questo spettacolo con una coreografia comica e noi tutti siamo degli esecutori perfetti, dei clown che come in un circo costruiscono il numero in ogni minimo dettaglio.

“Ne accennavi prima: è una commedia che si ispira a maestri della comicità come Stanlio e Ollio, Charlie Chaplin, Mister Bean e Buster Keaton?”

Totalmente. E’ la stessa tradizione ripresa anche poi dai Monty Python, quindi è una comicità tipica di quell’area geografica e linguistica, ma che è diventata universale perché i nomi che tu hai fatto sono maschere amate in tutto il mondo. I miei nonni ridevano con Stanlio e Ollio ed è esattamente la stessa situazione: immaginate Stanlio e Ollio quando portano il pianoforte da un piano a un altro, scivolano e cadono rimanendo fermi nella loro serietà. E’ questo contrasto incredibile tra la tragedia che gli sta capitando e la dignità nel far sì che quello che si sta facendo debba andare avanti che regala questo meccanismo comico.