Nel 1935 Marguerite Yourcenar ha 32 anni. Fuochi è il suo corpo a corpo letterario con una profonda crisi sentimentale, una raccolta di prose poetiche, abitata da personaggi del mito greco e giudaico-cristiano. Così, tra Antigone e Saffo, tra Maria Maddalena e Fedra, spunta Clitennestra, eroina greca, moglie di Agamennone, madre di Crisotemi, Elettra, Ifigenia e Oreste, che tradì Agamennone con il cugino Egisto e lo uccise al suo ritorno da Troia e poi a sua volta fu uccisa dal figlio Oreste.
Yourcenar/Clitennestra è in scena al Pacta Salone di Milano fino al 18 novembre. La regia è di Paolo Bignamini e l’unica protagonista dello spettacolo è Debora Zuin.
Parla Debora Zuin
“Quali sono le caratteristiche di Clitennestra?”
“Questo è un testo della Yourcenar, quindi è una Clitennestra rivisitata. E’ una prosa poetica, che fa parte di “Fuochi”, una raccolta da lei scritta nel 1936, quando aveva 32 anni ed era in preda a una crisi sentimentale per il suo editore André Fraigneau. Rileggendo il testo, però, secondo me c’è dell’altro: è sicuramente una scrittura particolare per la Yourcenar, perché lei nella prefazione di “Fuochi” scrive una frase che cita. Vorrebbe che nessuno leggesse le prose liriche che ha scritto in “Fuochi”, probabilmente perché sono un excursus in una sua dimensione femminile che forse in quel momento non era così formata nella sua identità. Quindi sicuramente nascono da una crisi amorosa, sentimentale e ossessiva che riguarda l’amore in varie forme. Clitennestra, come gli altri personaggi del romanzo, è un po’ rivisitata. Il linguaggio si muove un po’ tra una Clitennestra dell’antichità come ce la ricordiamo: vendicatrice, assassina di marito e prima donna a farsi giustizia da sola, perché si apre nell’antichità della Grecia un dibattito sul fatto che non siano più gli Dei a decidere il destino ma gli esseri umani. Poi ci sono delle citazioni qua e là molto più quotidiane su un linguaggio che ricorderebbe una donna del 1936 o anche degli anni ’80 e del 2000. E’ una scrittura un po’ strana. Questa Clitennestra si muove tra i due obiettivi di essere la portatrice della giustizia nell’antichità e l’essere invece una donna vittima di un amore ossessivo del quale non riesce a liberarsi, se non scrivendo. In realtà ha reso immortale il suo amore scrivendolo in bianco e nero su delle pagine e pubblicandolo. Però evidentemente si muovevano in lei dei sentimenti anche non troppo conosciuti. C’è un’ingenuità in “Fuochi” e forse deriva anche dal fatto che fosse abbastanza giovane e che cercasse anche di trovare un’identità sessuale, anche perché il suo editore era omosessuale e lei stessa ha avuto delle relazioni con delle donne. Quindi in realtà si parla di amore universale. Se vogliamo riassumere il senso in pochissime parole, c’è un amore non corrisposto di cui lei vorrebbe liberarsi, ma non ci riesce mai.”
“Che cosa accomuna Clitennestra e Marguerite Yourcenar?”
“Secondo me un senso del femminile abbastanza preciso. La Yourcenar è stata la prima donna a essere introdotta all’Academie Française. Nel suo discorso prima di ricevere l’onorificenza lei dice che molte donne avrebbero dovuto ricevere quest’onorificenza prima di lei. Quindi c’è una consapevolezza del ruolo del femminile nella società, secondo me.”
“E’ un viaggio nella storia quello di cui si parla nello spettacolo?”
“E’ un viaggio attraverso vari tempi che si intersecano tra loro. Tutto questo lo rende universale. E’ con tanti tempi ma senza tempo.”
“Che ruolo hanno i sentimenti della protagonista in questo spettacolo?”
“Ne hanno molti, però sono dei sentimenti lirici, con poca carnalità. Prende un po’ di distanza da questi sentimenti. Probabilmente scrivendoli li trasla. Quindi sono molto belli, profondi e catturano una sensibilità in chi legge. Ovviamente mantengono un filtro che non sfocia mai nella volgarità, nella carnalità e nella quotidianità esagerata. C’è sempre una traslazione nella sua epoca. Lo stesso succede anche in altri autori di quell’epoca che viaggiavano nell’antichità per mantenere una distanza da sentimenti che invece erano per loro contingenti. L’immaginario aiuta a riconoscere alcune cose senza averle proprio lì davanti.”