“COGNATE”: COLPI DI SCENA, DRAMMI FAMILIARI E RISATE

Una cena, tre fratelli le rispettive mogli e in più una segretaria. Un turbine di meschinerie e cattiverie, alleanze imprevedibili per un’irresistibile commedia.

I tre, mentre stanno cenando con le rispettive consorti nella casa di campagna di uno di loro, scoprono che è stata invitata dalla moglie del padrone di casa anche la sua segretaria: una debordante e seducente creatura che tutti e tre hanno già avuto occasione di conoscere. Subito cresce la diffidenza nelle mogli e la tensione nei mariti…

Cognate di Eric Assous è in scena al Teatro Martinitt di Milano fino al 16 dicembre con la regia di Giorgio Piccoli. In scena troviamo Anna Valle, Guenda Goria, Anna Zago, Denise Marzari, Nicolò Scarparo, Daniele Berardi Marco Barbiero. Una produzione del Teatro degli Incamminati.

Intervista ad Anna Valle

“Parlaci del tuo personaggio, senza svelare troppo.”

“Io sono Cristina, un’agente immobiliare di appartamenti di lusso, un personaggio estremamente snob. Cristina entra in scena facendo capire che vende solo appartamenti o case di lusso, che suo marito è il dentista più pagato della città, che suo figlio è un genio e che indossa solo abiti costosi e di altissima qualità. Durante la cena rimane su questo stile. A un certo punto ha una svolta e arriva addirittura alle botte con una delle cognate!”

“E’ una situazione familiare che può ricordare quella di Parenti serpenti di Mario Monicelli?”

“Assolutamente sì. Racconta il rapporto tra cognate completamente diverse tra loro. Una dice che vengono prese in ostaggio da mariti fratelli che hanno voglia di vedersi. Tra le cognate, però, non c’è assolutamente niente da condividere: una insegna lettere ed è una radical chic di sinistra; un’altra è ingenua e naif, ma nella vita ne ha combinate tante tenendole nascoste. Invita tutti quanti alla cena per rendersi importante: la casa nuova, l’arrivo di novità essenziali che racconterà durante la serata… Poi c’è Cristina, per cui tutto deve apparire al top davanti agli altri.”

“Quant’è fondamentale in una commedia come questa il fuoco di fila di colpi di scena che fanno sobbalzare lo spettatore sulla sedia?”

“I colpi di scena ci sono, ma non sempre tutto quello che succede lo è. A metà dell’atto unico sul palcoscenico c’è una sopresa, ma altre situazioni che sembrano colpi di scena un po’ “telefonati” fanno comunque ridere il pubblico, perché ci si arriva con una tensione tale da parte degli uomini e un nervosismo tale da parte delle donne al corrente della situazione che questo porta comunque al sorriso e la risata.”

“In chiusura ti chiedo di dirmi se sei d’accordo con quest’affermazione: è più difficile recitare in una commedia che in una tragedia, perché riuscire a far ridere è molto più difficile che riuscire a far piangere.”

“Sono assolutamente d’accordo. I tempi comici sono difficilissimi da indovinare. Il dramma, invece, ha un’empatia istantanea. La risata va studiata in assoluto, anche se ci sono ovviamente comici dotati di istintintività e spontaneità che scatenano la risata per tutto il pubblico. Per esempio la commedia francese che noi rappresentiamo è graffiante. Non è romantica e non è come quella italiana dove c’è la battuta e poi la risata. Alcune battute arrivano un po’ ritardo agli spettatori, perché sono ciniche e graffianti. Ti ripeto lo stesso termine perché rende proprio l’idea di cosa si tratta. Quindi il pubblico ci riflette un secondo in più e ride dopo!”