Debutta giovedì 18 gennaio al Teatro Delfino di Milano, dove rimarrà in scena fino a domenica 21, La condizione umana. Si tratta di uno spettacolo scritto da Gaia Barbieri e Marco Oliva, che ne ha anche firmato la regia. Ne sono protagonisti lo stesso Marco Oliva, Martino Iacchetti, Elena Martelli, Gabriele Natale e Bruna Serina De Almeida. La pièce viaggia tra diversi registri e quadri interni. Non per una ricerca estetica, ma per un tentativo di rappresentare quanto più vicino si possa essere alla forte realtà che stiamo vivendo. “I migranti sono messaggeri che preannunciano le sciagure che nel mondo presto accadranno o che sono già in atto”. Oggi l’assenza di soluzioni politiche risolutive, le incertezze e i timori alimentano l’estremizzazione di tesi e di pensieri razzisti. Quando le notizie degli annegamenti quasi quotidiani nei nostri mari diventano ormai un dato statistico e la parola migrazione viene sostituita con invasione, allora il presunto pericolo può giustificare tutto: l’idea del bisogno di difendersi, di pretendere soluzioni forti.
La parola a Elena Martelli
“Quanto lo sguardo impaurito può distorcere la realtà?”
“E’ la domanda che ci siamo fatti anche noi quando abbiamo lavorato su questo spettacolo. E’ un testo che ha scritto il nostro regista Marco Oliva insieme a Gaia Barbieri. Ci siamo guardati intorno rispetto a quello che sta accadendo nel nostro tempo, con fatti come i naufraghi e le migrazioni che stanno colpendo il nostro paese. Abbiamo cercato di capire che cosa stanno penaando le persone in questo periodo. Leggiamo sempre più un ritorno a fenomeni che sembravano essere stati sdoganati ma che forse non lo sono mai stati. Quindi leggiamo nelle persone una paura che non è sbagliata, ma bisogna capire quanto questa paura ci può portare a non vedere che di fronte a noi c’è una persona umana e a trattarlo solo come un essere diverso da noi”.
“Quant’è importante la figura di Magritte in questo spettacolo?”
“La figura di Magritte è stata il nostro punto di partenza, soprattutto a livello artistico. Siamo partiti dai suoi quadri, specialmente da ‘La condizione umana’ da cui prende il titolo il nostro spettacolo, che però non è in scena. E’ un quadro in cui la realtà si confonde con la finzione ed è un concetto che ci ha colpito e che abbiamo voluto portare nel nostro spettacolo, anche rispetto a delle persone che vengono da altri Paesi e che vivono ormai nel nostro. Ci siamo chiesti quanto noi, solo vedendoli, solo guardandoli perché una donna ha un velo in testa, possiamo sentire quel tipo di paura nei confronti dello straniero che arriva nel nostro Paese e ci porta via qualcosa? Quella di Magritte è stata un’ispirazione forte per noi. Ci ha portati a spaziare in diversi campi nello spettacolo”.
“A che cosa può portare la distorsione della realtà?”
“Nel nostro spettacolo ci sono anche dei momenti in cui ci siamo resi conto che certi fenomeni che parecchio tempo fa pensavamo fossro stati tolti, in realtà piano piano, senza farsi sentire, stanno tornando. Un esempio chiaro è accaduto a Como, dove un gruppo di neonazisti sono intervenuti in un’associazione senza usare per la prima volta violenza. Noi pensiamo che con questo atteggiamento vogliano cercare un certo tipo di consenso, diverso da quello che hanno sempre cercato o che non hanno cercato, perché per la prima volta non hanno usato la violenza. Sono semplicemente entrati, hanno letto il loro comunicato e sono andati via. Per la prima volta molte persone erano d’accordo con loro, quindi è come se stessero tornando i nuovo fascisti: in una forma diversa, ma che in sottofondo è ancora più pericolosa di quanto non fosse prima”.
“Perché la realtà è una verità mutevole?”
“Perché quello che noi viviamo cambia continuamente. Sentiamo tutti i giorni notizie diverse e mai come in questo periodo sentiamo che accadono continuamente nuove cose e l’uomo deve cercare di non perdersi. In questo senso noi diciamo che la verità è una realtà mutevole che può distorcerla, perché con tutte queste cose che accadono l’uomo si trova in balia degli eventi e allora può capitare che non si riesca più a comprendere chi ho davanti, ma che venga visto non più come un essere un umano ma con una visione un po’ distorta di quello che mi sta accadendo. Dal non sentire la persona con il colore della pelle diverso come un essere umano al sentire che è solo un nemico, è solo una persona che può arrivare a farmi del male e a togliermi qualcosa. In questo senso sentiamo che la nostra realtà sta cambiando molto e tutti questi cambiamenti così veloci ci portano a non fermarci più a fare un respiro e a dire: ‘Chi c’è davanti a me?'”
(intervista e riprese video di Andrea Simone)