STEFANO CORDELLA E FILIPPO RENDA, “LA RIVOLTA DEI BRUTTI”

Il 23 maggio 2014, a Isla Vista, in California, la polizia ritrova il corpo senza vita del 22enne Elliot Rodger all’interno della propria auto, schiantatasi qualche minuto prima contro alcuni veicoli parcheggiati. Ad ucciderlo non è stato però lo schianto: la polizia ritrova sul sedile del passeggero un’arma da fuoco con la quale Rodger è riuscito a spararsi in testa.

La videointervista a Stefano Cordella e Filippo Renda

La rivolta dei brutti è in scena al Teatro Litta di Milano fino al 24 ottobre. Scritto da Filippo Renda e diretto da Stefano Cordella, lo spettacolo vede protagonisti lo stesso Filippo Renda, Salvatore Aronica, Francesco Errico e Giorgia Favati.

La parola a Stefano Cordella e Filippo Renda

Siamo di fronte a un serial killer?

Stefano Cordella: Siamo di fronte a un personaggio che ha dei problemi e che arriva a comportarsi da serial killer.

Filippo Renda: Diciamo che le basi ci sono tutte, poi è un caso che si arrivi al crimine, però le condizioni ci sono.

Perché Elliot Rodger decise di suicidarsi?

Stefano Cordella: Elliot Rodger aveva sicuramente una frustrazione che si era autoalimentata dal gruppo a cui apparteneva e questo era uno dei principali problemi dello spettacolo: come montino questa violenza e questa convinzione e se la colpa sia di qualcun altro. Quindi lui probabilmente ha deciso di diventare un simbolo o forse non lo ha deciso ma lo è diventato di conseguenza. Dunque ha voluto fare un gesto plateale per lasciare un segno perché diventando ideologia aveva bisogno di lasciare un segno.

Che cosa sono gli “incel”?

Filippo Renda: Quando si parla di internet, è difficile utilizzare una parola per definire qualcosa perché il potere che ha Internet, in positivo e in negativo, è proprio quello di non definire troppo, quindi “incel” può contenere al suo interno una community di persone che possono avere una frustrazione vissuta in maniera problematica e non sanno come uscirne. Cercano un confronto con chi si trova nella loro stessa situazione.

Poi può essere anche un luogo in cui si mette in atto un’ideologia di mortificazione di genere, di vera e propria violenza di genere in cui si va a cercare la causa di un problema personale all’esterno, trovando nella violenza sul genere femminile la soluzione ai propri mali. Questo è importante perché Internet è un luogo molto liquido, quindi non tutti gli incel sono criminali o pericolosi. Sicuramente una community web accoglie frange estremiste, perché ci si nasconde dietro un avatar e quindi si può liberare anche la parte più cruda del proprio pensiero.

Come mai hai deciso di spostare la vicenda dagli Stati Uniti all’Italia?

Filippo Renda: E’ quello che faccio ultimamente con i testi che scrivo. A me non interessa mettere in scena fatti realmente accaduti, perché sono già storia e cronaca. La riproduzione del fatto già accaduto rischia di risultare una farsa o una sceneggiata. A me quello che interessa è domandarmi quali stratificazioni hanno portato poi a quell’evento, anche perché si parla di questo. Quindi vado a chiedermi se nella società in cui vivo ci sono quelle stesse basi e quegli stessi strati. Allora provo a raccontare quelli, perché a mio parere il teatro ha questo potere: simulare un pezzo di realtà e farci sentire interni al problema e non spettatori del problema.

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  • Intervista video di Andrea Simone
  • Foto in evidenza del sito di Manifatture Teatrali Milanesi
  • Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione