Nel loro ultimo lavoro, INTELLETTO D’AMORE. Dante e le donne, Lella Costa e Gabriele Vacis hanno preso subito la via dell’eterno femminino e si sono divertiti a indagare il rapporto di Dante con le donne della sua vita e della sua opera. Partendo dalle biografie, hanno poi immaginato sviluppi possibili e impossibili, mescolando il serio e il faceto, secondo quello stile personalissimo e collaudato che caratterizza tutti i loro spettacoli.
INTELLETTO D’AMORE. Dante e le donne è in scena al Teatro Carcano di Milano dal 27 al 31 ottobre e vede protagonista Lella Costa, che ha anche scritto il testo con il regista Gabriele Vacis.
La parola a Lella Costa
Vogliamo presentare le donne di Dante. Chi sono?
Gabriele Vacis ed io abbiamo scelto queste donne per fare questo spettacolo che ci è stato chiesto nel 2021. Quest’anno ricorre infatti il settecentesimo anniversario della scomparsa del grande poeta. Stavamo per declinare l’invito perché abbiamo pensato che quest’anno chiunque avrebbe fatto spettacoli danteschi. Poi ci è venuta l’idea di “declinarlo al femminile”, nel senso di dare spazio, voce, punto di vista e sguardo a quattro figure femminili dell’opera e della vita di Dante: quelle della vita sono Beatrice, che rappresenta la vita immaginata e sognata. Per il Sommo Poeta è una grande guida. E’ quella alla quale Dante affida il compito di scortarlo in Paradiso, quindi ha un ruolo importantissimo. Poi c’è la donna della vita reale, la moglie mai nominata: Gemma Donati, fiorentina, una donna cui attribuiamo un’intelligenza, un’ironia e probabilmente anche un ruolo importante nella co-scrittura della parte creativa della vita del Sommo.
Inoltre abbiamo due donne che appaiono nella commedia: una è Francesca da Rimini, che in origine si chiamava Francesca da Polenta, una signora romagnola molto innamorata del suo Paolino; l’altra è Beatrice, l’ultima protagonista, per sempre cristallizzata nel momento in cui Dante l’ha vista la prima volta, quando era una bambina di nove anni con il vestito rosso. E’ quindi un modo per parlare del primo amore non tanto come di qualcuno che farà o non farà parte della sua vita, ma come di qualcuno che in quel momento gli fa capire che da bambini si diventa giovani. Questo è il motivo per cui il primo amore non si scorda mai.
E’ straordinario come alcuni versi di Dante siano stati più o meno consapevolmente parafrasati da tanti autori: noi abbiamo scelto di portare come traduzioni particolarmente intriganti e ovviamente molto diverse Stand by me, che rappresenta esattamente quella scoperta: “Passammo tutta la notte a parlare di tutte le cose di cui si parla prima di scoprire che esistono le ragazze”; “Il mondo salvato dai ragazzini” di Elsa Morante e “La linea d’ombra” di Joseph Conrad. Quindi è un modo per far capire come davvero la poesia dantesca possa far parte della nostra vita ancora oggi.
Ne “La Divina Commedia” le donne non sono molte ma determinanti. In che cosa lo sono?
Lo sono perché Dante ha sempre avuto uno sguardo molto curioso e rispettoso verso il mondo femminile. Il verso che dà il titolo allo spettacolo e al libro che ne abbiamo tratto è “Intelletto d’amore”. Viene da una meravigliosa canzone della “Vita Nova” che dice: “Donne che avete intelletto d’amore”. Questo verso, questo modo di rivolgersi alle donne non significa sminuirle. Dante non intende dire che le donne hanno intelletto d’amore e quindi si occupano della posta del cuore, ma è un riconoscimento al mondo femminile di un ruolo, di una sensibilità, di una profondità e della possibilità di essere il vero interlocutore.
Il mondo femminile è quello cui Dante si rivolge per parlare di quello che gli sta a veramente a cuore: l’amore, che è una parte fondamentale della sua poetica e della sua vita che si declinerà in molti modi. Quindi abbiamo pensato che ci sia una grande presenza di figure femminili. Ovviamente non le abbiamo citate tutte, ma c’è Piccarda Donati, che viene nominata da Gemma, e c’è Pia de’ Tolomei. Noi abbiamo scelto queste quattro come emblemi, come “rappresentanti di lista” di tutto l’universo femminile che c’è in Dante.
In che modo fate parlare le donne di Dante direttamente al pubblico?
Io in scena faccio anche la deejay, la conduttrice, quindi parlo, racconto e introduco. Poi divento Gemma Donati (in realtà vengo posseduta da lei). Dialogo con Francesca da Rimini, nel senso che sono io e poi sono lei. Non cito Taide, perché è forse la più sorprendente. Taide infatti non è molto nota, perché chiude il diciottesimo canto dell’Inferno, che molti professori e professoresse, potendo farlo, saltano, perché ci sono le parolacce. Quindi i ragazzi potrebbero essere traumatizzati dal turpiloquio. Questo canto è ambientato nelle Malebolge, un luogo veramente orribile dell’Inferno, perché contiene la peggiore rappresentanza del genere maschile: gli adulatori, i ruffiani, i leccapiedi e i fabbricatori di notizie false, perché noi non abbiamo inventato neanche le fake news! Ci sono i traditori delle donne come Giasone. Noi lo conosciamo come eroe, Dante lo mette lì e dice: “E anche di Medea si fa vendetta”.
Ci sono quindi anche un’attenzione e una pietas nei confronti di donne che si sono macchiate di gravi responsabilità. Alla fine del canto compare Taide. Se uno va a leggere la commedia di Terenzio da cui salta fuori Taide, scopre che lei non c’entra niente con questi personaggi. E’ una sorta di errore giudiziario, sicuramente in buona fede, causato probabilmente dal fatto che Dante non aveva letto la commedia originale di Terenzio. E’ una specie di telefono senza fili che fa diventare un nome sinonimo di qualcosa, mentre in realtà non è così. Taide mente a un suo aspirante amante che le regala una schiava cui lei vuole ridare la sua libertà. Quindi è una donna valorosa cui noi diamo una specie di riconoscimento. Inoltre è il modo per raccontare un’altra storia legata alla Divina Commedia e per leggere alcuni versi di un canto abbastanza sconosciuto.
Senza nulla togliere alle altre, quale delle donne di Dante ti è più simpatica?
Non c’è una preferita, perché sono veramente quattro donne molto differenti che quindi mi permettono di fare cose molto diverse. Quella con cui mi diverto di più è Gemma, ma per un fatto di gioco teatrale. Forse perché è anche quella con cui sono più libera di inventare, come quando le faccio dire: “Finalmente lo dico: dietro alle poesie di Dante ci sono io, perché le ho scritte io con lui!”
Taide mi piace per la sua dignità, per la sua affermazione femminile, coraggiosa e consapevole. Quella che mi colpisce al cuore per la sua tenerezza è forse Beatrice ed è anche quella più universale. Francesca mi piace molto, perché rappresenta la restituzione di una dignità e di una carnalità a un amore. Ed è anche verosimile che lei dica: “Questa non è una punizione. Dante ci ha messe all’Inferno perché doveva farlo, ma ci ha messi insieme, tutti nudi, per l’eternità, aggrappati l’uno all’altra. Dov’è la punizione? Questo è un premio!”
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- Intervista video di Andrea Simone
- Foto in evidenza di Stefano Spinelli
- Si ringrazia Brunella Portoghese per la collaborazione