E’ in scena fino a domenica 14 gennaio al Teatro Sala Fontana di Milano Das Kaffeehaus, di Rainer Werner Fassbinder, tratto da La bottega del caffè di Carlo Goldoni. Lo spettacolo è diretto da Veronica Cruciani. Ne sono protagonisti Filippo Borghi. Ester Galazzi, Andrea Germani, Lara Komar, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Maria Grazia Plos, Ivan Zerbinati e Mauro Malinverno.
Asciugando e rimodellando il plot goldoniano, Fassbinder accende i riflettori sul mondo di frequentatori della Kaffeehaus di Ridolfo. E’ un microcosmo in cui gli individui si incontrano e parlano. Discorsi che s’incentrano soprattutto sul denaro. Soldi che si contano e si scambiano addirittura ossessivamente. Certo, si tratta anche di ideali, passioni, amicizie, relazioni, fedeltà e rispettabilità, ma alla fine si deve pagare.
Intervista a Veronica Cruciani
“Come mai hai deciso di ambientare lo spettacolo in una Venezia contemporanea?”
“R. M. Fassbinder riscrive la commedia di Carlo Goldoni, ne mantiene fondamentalmente la trama, ma nonostante questo ne viene fuori un’opera autonoma, originale in tutto.
Perché se in Goldoni era già chiaro che dietro le gentilezze e le buone maniere c’era nascosta tanta aggressività, in Fassbinder questo aspetto esce in maniera ancora più estrema e diventa un testo molto più duro, malinconico e violento.
Goldoni ambienta la trama in una Venezia del Settecento dove i soldi già dettano le regole, mentre Fassbinder non ambienta la storia a Venezia, il suo non è un luogo fisico, ma è più psicologico e mentale. Ci sono cowboy o personaggi vestiti come negli anni ’70, costumi del settecento, passato e presente si mescolano. Quando l’ho letto, ho pensato che questo testo del 1969 sembrava parlare di noi. Sembrava parlare di questa società che ostenta ricchezza e una finta cortesia mentre dietro a tutto questo c’è nascosta desolazione, solitudine e una grande voglia di potere e di soldi. Ho pensato che fosse importante ambientare lo spettacolo al giorno d’oggi.
Non ho voluto dargli una collocazione storica nel passato, ma ho preferito ambientarlo nel presente, proprio per avvicinarcelo di più, perché la critica che Fassbinder fa ci riguarda oggi in maniera molto forte. Nello spettacolo ci sono tre atti molto diversi l’uno dall’altro e all’inizio ho voluto riprendere Venezia, perché nel primo atto c’è una sorta di gioco e di citazione goldoniana, c’è un’atmosfera di festa e di leggerezza più simile alla commedia però poi scopriremo che è soltanto apparente. Pian piano nel secondo atto, tutto diventa più feroce e fassbinderiano e nel terzo atto lo spazio si svuota e questa Venezia, rappresentata con una scenografia molto astratta e allucinata, si trasforma in un luogo più psicologico, mentale e sospeso. Quindi si parte da una sorta di luogo fisico per arrivare ad un luogo della mente psicologico, dove gli stessi corpi degli attori spariscono nel buio per far rimanere soltanto le voci.
Il lavoro di regia è costruito in modo tale da sottolineare un graduale, lento, inesorabile smascheramento di una situazione che si rivela sempre più l’incontro/scontro di un gruppo di persone guidate dal desiderio del denaro e del potere.
Per me è Venezia, ma potrebbe essere qualsiasi altra città italiana. Io l’ ho voluto richiamare in una sorta di citazione e di gioco, anche se in maniera più astratta e allucinata, visionaria. Poi però nel corso dello spettacolo vado a raccontare che quel luogo si svuota, sparisce e diventa un luogo psicologico e mentale”.
“A chi somigliano i personaggi nella loro essenza interiore?”
“Somigliano a molti personaggi che noi incontriamo nei locali, nelle terrazze e nelle belle case del nostro Paese”.
“Che cosa si nasconde dietro l’ostentazione dei personaggi?”
“La sopravvivenza oppure il desiderio di dominare e di avere potere”.
“E’ l’ossessione per il denaro la vera protagonista di questo spettacolo?”
“Sì, l’ossessione per il denaro e per il potere. Il denaro e il sesso sono i due strumenti di questo potere”.Il tema dei soldi è centrale ed è il più forte in Fassbinder, tant’è vero che i personaggi traducono in maniera ossessiva gli zecchini in dollari, in sterline e in euro. Quindi tutto, compreso l’amore che è il sentimento più rivoluzionario, ha un prezzo e deve essere pagato. I personaggi all’inizio dello spettacolo si mostrano per quello che sono in apparenza, poi solo dopo un lento svelamento si capisce chi sono realmente ed esce l’aspetto più crudele, fino a diventare dei veri e propri animali che si sbranano a vicenda”.