LIVIA CASTIGLIONI E MARIA EUGENIA D’AQUINO, “SHOCKING ELSA”

Un omaggio a Elsa Schiapparelli, un’artista straordinaria della moda italiana. Un modello di donna indipendente, intraprendente, capace di sfidare il sistema in nome della sua creatività e delle sue intuizioni rivoluzionarie.

L’intervista video a Livia Castiglioni e Maria Eugenia D’Aquino

Shocking Elsa è un progetto nato da un’idea di Maria Eugenia D’Aquino, Ilaria Arosio e Alberto Oliva, che ne ha anche firmato la regia. La drammaturgia è stata curata da Livia Castiglioni. In scena, dal 18 al 28 novembre al Pacta Salone di Milano, troviamo la stessa Maria Eugenia D’Aquino. La voce off è di Riccardo Magherini.

Immagini del canale Youtube “PACTAdeiTeatri Salone”

Parlano Maria Eugenia D’Aquino e Livia Castiglioni

In che cosa sta la grandezza di Elsa Schiapparelli?

Livia Castiglioni: E’ stata una donna che ha svolto una professione più tipicamente maschile. Forse fu l’unica figura femminile – assieme a Coco Chanel – a cimentarsi all’epoca nel design degli abiti. La sua storia è interessante perché è quella di una donna estremamente indipendente e forte, che andava contro ogni stereotipo. E’ sempre stata molto fedele a se stessa e alle sue esigenze. Al di là di tutto ha amato il proprio lavoro e la propria arte.

Come ti sei preparata per rendere al meglio in scena questo personaggio?

Maria Eugenia D’Aquino: Ci ho pensato per tanto tempo. Ho cercato di scovare insieme a Livia quello che non era stato ancora detto di Elsa Schiapparelli e che lei lascia trapelare in Shocking Life, la sua bellissima autobiografia a cui ci siamo ispirati. Mi sono preparata andando ad attingere proprio da quel libro, anche per carpire quello che abbiamo in comune noi donne quando entriamo in un processo creativo, che cosa ci costa, che soddisfazioni ci dà, quanto la dobbiamo pagare. E’ anche una ricerca di affermazione. Con i suoi abiti, Elsa Schiapparelli ha raccontato una vita e un’epoca, perché è passata attraverso due guerre mondiali.

Livia è stata molto brava, così come lo è stato anche il regista Alberto Oliva. Le videoinstallazioni di Filippo Rossi sono bellissime. Maurizio Pisati, il compositore che lavora sempre con noi, ha firmato le musiche originali e una suite intitolata Ho creato vestiti con le stelle, perché Elsa Schiapparelli ha fatto realmente una collezione dedicata alle stelle. Era infatti la nipote di Giovanni Virginio Schiapparelli, il nostro più grande astronomo. Siamo quindi di fronte a una donna importante che si è fatta completamente da sola.

Vogliamo parlare della sua rivalità con Coco Chanel?

Livia Castiglioni: Esisteva senz’altro, ma credo che tra loro ci fossero anche grande ammirazione, rispetto e un’enorme stima. Per quanto abbiano lavorato in maniera completamente diversa all’interno del mondo della moda, riconoscevano di avere dei punti in comune e si rispecchiavano un po’ l’una nell’altra, perché entrambe erano donne che si sono fatte da sole e che non hanno avuto assolutamente appoggio da parte di nessuna figura maschile. Hanno lottato per la propria affermazione in una società tipicamente maschilista.

Quello che emerge da Shocking Life è lo sguardo affettuoso verso questa donna, per quanto Elsa Schiapparelli si ponesse agli altri con ironia, che non trovava un corrispettivo nella figura più austera di Coco Chanel. Questo è un aspetto evidente anche nei loro vestiti e nelle loro opere. La sua ironia mi ha colpito davvero molto. Alcune sue opere sono folli, rapportate all’epoca in cui ha vissuto. Infatti è ancora oggi una delle stiliste più imitate e copiate, anche in maniera becera.

Che tipo di testamento e di eredità artistica ha lasciato Elsa Schiapparelli?

Maria Eugenia D’Aquino: Una grande eredità, perché è stata avveniristica nella scoperta dei tessuti e delle forme. Oggi ci sembra tutto scontato, perché siamo abituati a una visione della moda un po’ stravagante, ma a quell’epoca non era così: esisteva il tubino nero di Coco Chanel, che con spregio definiva Elsa Schiapparelli “un’artista che si è messa in testa di fare dei vestiti”. Elsa chiamava invece Coco “una modista”, cioè quella figura che disegna i modelli, una categoria inferiore rispetto a quella della stilista, che ha più a che fare con l’ambito sartoriale.

L’eredità che ha lasciato è stata quindi enorme. Il marchio è stato riaperto da quattro stilisti, tutti uomini – tra cui Diego Della Palma -, che seguono il brand e che hanno preso molte delle sue idee. Il giornalista di moda Antonio Mancinelli ci ha confessato che, all’ultima sfilata di Gucci, i cappelli erano di Gucci ma nessuno se n’è accorto. La sua eredità è quella di uno sguardo alla moda come opera d’arte.

  • Intervista video di Andrea Simone
  • Si ringrazia Giulia Colombo per la collaborazione
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