Intelligenza artificiale. Machine learning. Data profiling. Capitalismo della sorveglianza. Sono termini di cui si sente parlare sempre più spesso, in relazione ai cambiamenti rapidissimi che la società globale sta attraversando nella nostra epoca. E pur nella diversità di ambiti in cui vengono applicati, fanno tutti riferimento al concetto matematico di algoritmo.
Black Box – Dentro l’algoritmo è in scena al Pacta Salone di Milano dal 24 novembre al 4 dicembre. Lo spettacolo fa parte del progetto Teatr0inMatematica di Maria Eugenia D’Aquino; la drammaturgia è di Riccardo Mini, mentre Riccardo Magherini, presente in scena con Maria Eugenia D’Aquino e Lorena Nocera, ha firmato la regia.
Quattro domande a Riccardo Magherini e Maria Eugenia D’Aquino
Che cosa rappresenta l’intelligenza artificiale?
Maria Eugenia D’Aquino: L’intelligenza artificiale viene lambita in questo spettacolo. In realtà il cuore è l’algoritmo. Il nostro compito è quello di utilizzare i linguaggi del teatro e della scena per addentrarci in certi argomenti. L’intelligenza artificiale è un tema che attraversa le nostre vite e che sta diventando protagonista. L’algoritmo è un po’ il colpevole di tutto questo. Quindi noi ci addentriamo nella Black Box, una scatola nera che ci richiama le black box degli aerei, ma la Black Box è anche lo spazio teatrale perché lo spazio teatrale vuoto è anche una scatola nera. Nel linguaggio matematico è quel luogo virtuale dove finiscono tutti questi dati che queste formule elaborano. L’algoritmo è uno strano animale perché si riproduce da sé, senza che neanche chi l’ha inventato riesca più a gestirlo. E’ quindi un po’ il protagonista del nostro spettacolo.
Chi è Alice?
Riccardo Magherini: Alice è un computer, uno strumento di lavoro. Però viene anche un po’ da pensare al vecchio Hal di 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Per quello che noi rappresentiamo, Alice è un computer di grandissima qualità che si evolve da sé e noi lo abbiamo voluto vedere come una sorta di supercomputer molto avveniristico rappresentato in una piccola stanza completamente neutra. E’ una signora di una certa età, una bella donna, che piano piano, mentre fa il suo lavoro e assiste Cluster, il suo umano, si evolve e quindi aggiunge a questa piccola scatola oggetti che per noi sono quelli di comune utilizzo.
Fa tutte le cose che farebbe una signora e piano piano questa stanza neutra diventa sempre di più una stanzetta. Questo è il suo modo di evolversi. E’ una signora carina che però dietro di sé ha qualcosa di molto inquietante: un controllo enorme, conosce benissimo ogni singola cosa che fa nella vita il suo umano e – guarda caso – è proprio il mezzo con il quale loro sperimentano con questo umano. Cluster pensa che Alice sia il suo strumento di lavoro quotidiano, ma è in realtà il mezzo che serve proprio per controllarlo, modificarlo e valutarlo.
Perché questo scenario sembra rubato ad un racconto di fantascienza ma è in realtà assolutamente quotidiano e reale?
Maria Eugenia D’Aquino: Perché è quello che sta accadendo. Chiaramente la trasposizione teatrale fa sì che si romanzi un po’ questa situazione, però è precisamente quello che sta capitando. Noi non siamo più preda di algoritmi, noi stiamo diventando algoritmi, un enorme serbatoio di dati che servono per gestire le regole del mercato e le visioni politiche. E’ un’evoluzione della società con dei lati positivi e negativi. Il terzo personaggio compare in una forma molto precisa e vera. Quello che rappresenta Lorena Nocera è una CCM, una commercial content moderator, ovvero persone sparse per il mondo in comunità che decidono quando un’immagine e un video possono essere pubblicati sui social o sulle piattaforme.
Uno pensa che sia l’algoritmo a deciderlo, invece a farlo sono persone. Si apre quindi anche un altro aspetto molto interessante di questa evoluzione della comunicazione. Quest’approfondimento è avvenuto anche grazie a Massimo Mazzotti, storico della scienza dell’Università di Berkeley, che collabora con noi da tanto tempo, che si è occupato dell’aspetto sociale dell’algoritmo, quindi è stato il mentore con Riccardo Mini della costruzione di questa storia. Alice mette sullo sfondo un quadretto, che è un’opera di Ernesto Iannini, un noto scultore che è stato anche alla Biennale di Venezia, e che fa queste operazioni con i vecchi circuiti. Alice si arreda la casetta mettendo insieme dei pezzettini per andare ad analizzare altri fenomeni.
Ha senso parlare di libertà in un mondo senza più privacy?
Riccardo Magherini: E’ una bellissima domanda! Forse ha senso perché ci dobbiamo difendere ancora di più. Non dobbiamo smettere di trovare il modo di essere liberi anche in un mondo di controllo come questo. Lottare per rimanere liberi in questo mondo per me ha ancora senso.
- Intervista video di Andrea Simone
- Foto in evidenza di Emma Terenzio
- Si ringrazia Giulia Colombo per la collaborazione
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