Uomini e donne che si alternano a mascherette, falsita e realtà che fanno lo stesso movimento: quello del gioco. Il tutto accompagnato da quell’amore di cui spesso noi abbiamo bisogno. Un amore folle, che fa ammattire tutti quelli che stanno intorno, perché i nostri innamorati all’amore ci sanno solo giocare.
Gl’innamorati – Il musicarello è in scena al Teatro Leonardo di Milano fino al 23 dicembre. Tratto da Carlo Goldoni con la drammaturgia di Valeria Cavalli e Debora Virello, vede protagonisti Gaetano Callegaro, Pietro De Pascalis (anche regista), Loris Fabiani, Jacopo Fracasso, Valeria Girelli e Isabella Perego.
Quattro domande a Pietro de Pascalis
Perché gli innamorati all’amore sanno solo giocare?
Perché questi innamorati rincorrono continue schermaglie. Hanno la capacità di litigare e fare pace nel giro di un secondo. Succede spesso anche nelle relazioni amorose attuali: c’è l’abilità di ribaltare un tavolo – metaforicamente parlando – e poi di spaventarsi e avere paura perché c’è il timore di perdere, di aver esagerato e sbagliato in qualche cosa. Quindi il gioco per me sta nel continuo ribaltamento d’umore di fronte alle loro emozioni. Dentro a questo testo Eugenia e Fulgenzio lo fanno in continuazione. E’ un po’ quello che abbiamo cercato di fare noi, di creare continui ribaltamenti mettendo anche un testo metateatrale d’ispirazione goldoniana per avere ancora una volta continue sovversioni. Tutto quello che entra e che succede è fatto, scritto e agito perché possa creare divertimento.
Come mai gli innamorati si parlano ma non si capiscono?
Perché tendenzialmente vanno ognuno in una direzione diversa. Non riescono a vedere con gli occhi dell’altro. Non si capiscono perché non riescono a vedere le cose per quello che sono. E’ evidente a tutti quelli che sono attorno che Fulgenzio ami Eugenia, soprattutto a quelli che conoscono la loro situazione amorosa come Tognino e Flaminia, i due personaggi che accompagnano la storia d’amore di questi due giovani. Eugenia è follemente innamorata di Fulgenzio, eppure non riescono a guardare con gli occhi dell’altro. Tendono quindi a vedere quello che non c’è. Fulgenzio vede una dichiarazione d’amore a un altro uomo come fumo negli occhi. Dunque non si ferma a vedere che il suo amore si è dichiarato a lui in modo pubblico ed esplicito, ma vede soltanto un uomo che si è avvicinato alla propria compagna e sta cercando in modo abbastanza goffo di sedurla. Lei però rimanda al mittente tutte le avance ed Eugenia allo stesso tempo non riesce a vedere che quello che deve fare Fulgenzio è un semplice dovere di buon fratello, ovvero accudire e fare compagnia alla moglie del fratello, ma vede o intravede qualcosa che provoca la sua gelosia e basta. Tendono a complicarsi la vita.
Quant’è rimasto dell’opera originale di Goldoni?
Tutte le scene che ritenevamo importanti sono rimaste in modo integrale e radicale. A differenza di altre operazioni che erano state fatte su Goldoni da MTM con gli spettacoli made in Grock non è stata fatta un’asciugatura del testo. Quando c’è Goldoni c’è Goldoni. E’ così in tutta la nostra drammaturgia, perché la situazione metateatrale era stata costruita da Goldoni in molte sue opere. Comunque lui è famoso proprio per aver messo in bocca parole scritte a tutti i personaggi della Commedia dell’Arte. Quindi, anche quando non c’è Goldoni nel linguaggio, c’è Goldoni nella sostanza. Tutta la trama metateatrale, con la storia della compagnia che si trova in teatro a provare ogni lunedì in un teatro diverso perché è una compagnia un po’ scalcagnata, ha visto un’operazione che ha cercato di rispettare l’opera di Goldoni in generale, ma nello specifico il fatto che lui avesse dato un codice chiaro a quelli che allora erano i saltimbanchi e i commedianti dell’arte che avevano un canovaccio e andavano ognuno per i fatti propri. Lui poi era un grandissimo amante degli attori, soprattutto delle attrici, quindi per loro si dannava l’anima e ha avuto una produzione che ha cambiato la storia del teatro.
Come si coniuga il musicarello con l’opera goldoniana?
Con la semplicità della trama. Gl’innamorati è il racconto di una storia d’amore e di alcune incomprensioni. E’ la narrazione semplice e senza psicologia delle gelosie tra gli innamorati. Il musicarello è un ricordo d’infanzia dei film che vedevo coi miei genitori negli anni Ottanta, anche se le pellicole erano degli anni Settanta, perché per un periodo di tempo la televisione era un mezzo molto utilizzato e famoso, ma i film venivano mandati in continuazione. Ogni anno c’era la settimana al mese in cui trasmettevano i musicarelli. Uno dei più famosi era sicuramente In ginocchio da te. Dentro a quel tipo di operazione c’erano degli investimenti che le case di produzione discografiche facevano per vendere più dischi. C’era una hit che le popstar dell’epoca come Gianni Morandi e Caterina Caselli facevano uscire e ci si costruiva attorno una storia. Essendo le hit di allora rivoluzionarie ma dedicate al tema dell’amore, è chiaro che ci si costruiva intorno un film d’amore. Questo è successo in tutti i film di quella caratura. Quindi io ho sempre avuto il desiderio infantile di benessere e di ricordarmi quel periodo. Devo dire che il paio con l’opera di Goldoni mi è sembrato possibile, proprio perché l’architettura della trama era quella di una storia d’amore che veniva costruita con un linguaggio preciso: il musicarello con quello della canzone e in Goldoni con il linguaggio goldoniano. Anche qui c’è un continuo ribaltamento dei fronti. Durante uno dei tanti litigi tra Eugenia e Fulgenzio, la scena finisce con Fulgenzio che grida: “Lasciami gridare, lasciami sfogare, io senza amore non so stare!” Chiaramente in quel momento il pubblico rimane spiazzato dal fatto che un personaggio che ha parlato con un linguaggio di quel tipo fino a un secondo prima, in un attimo cambi il modo di esprimersi e si metta a cantare Adriano Pappalardo che canta Ricominciamo.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione
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