“DEDALO E ICARO”: IL LABIRINTO DELL’AUTISMO

Il mito greco è noto a tutti: Icaro, da quando ha memoria, vive nel labirinto di Cnosso, costruito dal padre Dedalo, in cui si aggira un’oscura creatura metà uomo e metà animale: il Minotauro. Il padre, per amore del figlio, raccoglie negli anni delle piume per comporre lunghe ali e le assembla con la cera perché gli permettano di uscire dal labirinto. Un giorno Dedalo e Icaro spiccano il volo fuori dal labirinto. Il padre redarguisce il figlio di non avvicinarsi troppo al sole, ma Icaro non lo ascolta: la cera che tiene le ali unite al corpo si scioglie e il ragazzo precipita in mare.

Il trailer dello spettacolo

Dedalo e Icaro è in scena alla sala Fassbinder del Teatro Elfo Puccini di Milano fino al 3 febbraio. Scritto da Tindaro Granata e diretto da Giacomo Ferraù (presente anche in scena) e Francesco Frongia, vede protagonisti Giulia Viana, Libero Stelluti e Vincenzo Giordano.

La parola a Francesco Frongia

“Che tipo di rilettura è stata fatta da Tindaro Granata?”

“Tindaro ha lavorato con noi alla costruzione di questo testo partendo da un dato di realtà. Abbiamo incontrato genitori, operatori, specialisti e ragazzi, quindi abbiamo innestato il valore metaforico del mito all’interno di una storia quotidiana. Quella che vediamo in scena è una famiglia in cui il problema di avere un ragazzo malato di autismo deflagra e fa sì che la famiglia esploda. L’idea che, nonostante questo, Dedalo dedichi tutta la propria vita al figlio Icaro per cercare di farlo volare è il tentativo preciso che ha fatto Tindaro di unire il mito alla quotidianità.”

“E’ giusto dire che le ali fatte da Dedalo per Icaro sono costruite esclusivamente del suo amore?”

“Sì, anche se forse il limite del mito è quello di basarsi solo sul valore personale e quindi sull’affetto che il padre prova nei confronti del figlio. Secondo noi, in questo momento manca una società in grado di accogliere il valore della diversità e che consenta a un genitore come Dedalo che ama il figlio di trovargli e di donargli l’aiuto necessario.”

“Perché nello spettacolo c’è un riferimento all’autismo?”

“Perché raccontiamo la storia dell’autismo. Ci siamo immaginati che Icaro, che nel nostro spettacolo si chiama Giacomo, sia rinchiuso in un labirinto da cui non riesce a uscire. L’incomunicabilità dei ragazzi autistici diventa un elemento metaforico su cui si innesta tutto il nostro racconto. E’ inevitabile, semplice e molto chiaro. Il riferimento al mito ci permette di raccontare una storia in modo molto semplice ed efficace nei confronti del pubblico. Gli fa capire esattamente cosa succede a una persona che non riesce a comunicare con gli altri.”

“E’ un labirinto metaforico o reale quello di questo spettacolo?”

“Purtroppo è un labirinto reale che si espande e si diffonde non soltanto nella coppia formata da Dedalo e Icaro, ma anche a tutte le persone vicine a loro: il fratello, la madre e gli operatori. Le persone malate di autismo si trovano in qualche modo bloccate. Le persone normali non conoscono i problemi di chi è affetto da questa malattia, quindi si trovano letteralmente incastrati dentro questo labirinto. Facendo questo lavoro, abbiamo scoperto che molti ragazzi conoscono e hanno in classe ragazzi affetti da autismo. Questo aumenta il loro valore di accoglienza, perché cercano di integrarsi e i compagni tentano di aiutarli. Questo è bellissimo e con lo spettacolo noi vorremmo comunicare che non dobbiamo spaventarci per qualcosa che non conosciamo, ma dobbiamo aprirci. E’ questo il messaggio che noi vorremmo dare.”