D’ELIA SULL’OCEANO CON “NOVECENTO” DI BARICCO

Danny Boodman T.D. Novecento è il più grande pianista di sempre. Non sa che cosa sia la terraferma. E’ nato e vissuto su una nave e non ne è mai voluto scendere. La sua è una storia fantastica, incredibile, quasi irreale e la sua musica è indefinibile, soprattutto quando suonava in terza classe, dove i viaggiatori non se la potevano permettere. A portare sul palcoscenico del Teatro Litta di Milano questo monologo di Alessandro Baricco fino a lunedì 16 gennaio è Corrado d’Elia, che ne è anche regista. Un artista che torna a raccontarci un suo lavoro con una videointervista su Teatro.Online, dove è sempre ospite gradito.

“Perché nel tuo spettacolo è così importante la dimensione del ricordo?”

“Quasi tutti i miei spettacoli sono come dei sogni e dei momenti sospesi. Rappresentano il tempo irreale, il ricordo e qualsiasi dimensione non riconducibile all’oggi. Credo che questo faccia parte del mio teatro. Sicuramente questo è per me il teatro”.

“La perfezione di quest’opera di Baricco è data dal fatto che la musica e le parole, tanto per citare le tue note al testo, si incontrano in accordo e si scambiano i ruoli?”

“Sì. E’ un modo bello per dire una cosa giusta. Baricco ama la musica e questo testo parla di musica. Contiene parole musicate, quasi jazzate. Parliamo degli Anni Venti, epoca in cui nacque il jazz negli Stati Uniti. Baricco lo sa e scrive questa storia in modo musicale. Nelle parole non si sente solo la musica, ma anche un ritmo particolare. A me piace la drammaturgia musicale accanto a quella del testo. Quindi direi che ci sposiamo”.

“Perché Novecento non riesce mai a superare la paura di amare e di crearsi delle radici?”

“Novecento nasce su una nave su cui decide di rimanere per sempre. Quindi fa una scelta coerente. Oggi siamo massificati. Andiamo dietro al pensiero degli altri senza averne uno nostro e se lo possiamo esprimere, dobbiamo farlo con pochissime parole e un tweet. In’ Novecento’ siamo invece di fronte alla coerenza di un uomo che decide di non scendere mai, di andare avanti nella sua storia e di affrontare tutte le sue paure. Questo è un bell’insegnamento”.

“E’ giusto dire che Novecento piuttosto che scendere a un compromesso con la vita preferisce incantare i propri sogni e le proprie speranze?”

“Sì, è giusto. Decide di incantare i propri desideri. Sceglie quindi di eliminare da se stesso quello che non avrebbe potuto coltivare e che gli avrebbe fatto male. E’ una scelta molto saggia. Possiamo vederla come una spinta religiosa. La sento come una decisione favolistica ma contemporanea. Una scelta di vita cosciente. Nasce dalla paura, così come tutte le pulsioni vere dell’uomo. Se non conosciamo i nostri limiti, non sappiamo come andare avanti”.