Teseo, duca di Atene, per celebrare le nozze con Ippolita, regina delle amazzoni, proclama giorni di riti e feste. Bottom e altri artigiani, per l’occasione, decidono di mettere in scena la storia di Piramo e Tisbe recandosi nel bosco per le prove. Lì ci sono anche Lisandro ed Ermia, che si amano e stanno fuggendo da Atene. l padre di lei infatti vorrebbe darla in sposa a Demetrio. Quest’ultimo insegue la coppia di amanti rincorso a sua volta da Elena, di lui perdutamente innamorata. Oberon, il re delle fate, e Puck, il folletto che è al suo servizio, si divertono confondendo gli amori dei quattro giovani e spingendo Titania, sposa di Oberon, ad una arcaica passione…..
Sogno di una notte di mezz’estate di William Shakespeare è in scena fino al 23 ottobre al Teatro Carcano di Milano. Tradotto e adattato da Angela Dematté e diretto da Andrea Chiodi, lo spettacolo vede protagonisti Giuseppe Aceto, Alfonso De Vreese, Giulia Heathfield Di Renzi, Caterina Filograno, Claudia Grassi, Igor Horvat, Jonathan Lazzini, Sebastian Luque Herrera, Alberto Marcello, Marco Mavaracchio, Alberto Pirazzini, Emilia Tiburzi, Anahì Traversi e Beatrice Verzotti.
Quattro domande ad Angela Dematté
Che tipo di lavoro ha fatto sul testo di William Shakespeare?
“Lo abbiamo tradotto piuttosto fedelmente. Ho riportato le rime esattamente come le ha volute lui. Tutte quelle che si sentono nello spettacolo sono quelle di Shakespeare. Chiaramente io le ho dovute reinventare perché la lingua non è la stessa, però ho preferito mantenere il ritmo e il suono piuttosto che la fedeltà letteraria. Ho cercato anche di restituire la diversità di musiche e linguaggio: per esempio quello tra artigiani e innamorati è molto diverso.”
Perché quest’opera rappresenta un binomio inscindibile tra realtà e fantasia, come detto nelle note di regia?
“Perché siamo in medias res tra realtà e finzione. Shakespeare è sempre così: il mondo onirico e quello della natura sono due elementi compenetrati. D’altra parte quel secolo credeva ancora nell’esistenza di esseri soprannaturali. Di fatto la psiche non è dentro l’io ma diffusa nella natura. La parte delle fate serve per raffigurare e trasfigurare. L’artigianato usato per la traduzione risente di questa consapevolezza e del fatto che la parte fantastica è una trasfigurazione, come accade nelle fiabe. Per questo la scelta registica di usare una bambina per evocare il sogno è stata per me molto azzeccata. Il motivo è che ci permette di giocare in modo molto più sereno con quella parte letteraria di solito complessa da gestire.
C’è tanto spazio per l’irrazionale e l’inconscio, quindi.
“Esatto e anche per i giochi di parole. Io ritengo che il ritmo e la musica servano all’autore, così come servono alla musica le canzoni per tenere a freno l’irrazionale che altrimenti diventerebbe caotico, ingestibile e non più interessante. Invece con il ritmo e le rime si riesce a imbrigliare e a stare in compagnia in modo gioioso, giocoso e vitale con quello stato di caos senza farlo in modo mortifero e folle.
C’è una follia che traspare da una battuta di Ippolita che dice che i folli e gli artisti sono coloro che esplorano delle parti di noi. Ci sono vicine e l’artista riesce a trattenere quella parte di follia e di irrazionale attraverso la tecnica, Gli artigiani sono coloro che possiedono un mestiere che in quanto tale e come tipologia è legato al mistero. Tramanda qualcosa che non è costituito di parole e di razionalità; è fatto da un logos che unisce materia e parola che quindi diventa simbolica.”
Dunque il “Sogno” parla di un gioco, ma è un gioco molto più serio di quanto si pensi. E’ così?
“Sì, perché anche le fiabe lo sono. Sono infatti trasfigurazioni di elementi psichici interni a noi e che costituiscono quello che siamo. E’ una nostra categoria stabilire se il gioco sia serio o giocoso ma è reale. Non è un divertissement, ma è un divertire che serve a capirci qualcosa e anche a supportare quello che siamo, perché in effetti Puck dice: “Abbiamo fatto abbastanza. Se non abbiamo fatto abbastanza per governare il serpente, la prossima volta faremo di più.” Questo serpente rappresenta il desiderio e la pulsione dell’uomo che il teatro, l’arte e la poesia cercano di guardare, di contenere e di usare in modo vitale.”
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Cristiana Ferrari per la collaborazione
- Foto in evidenza di Studio Pagi
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