Antonio Cornacchione ripercorre la storia dell’Olivetti nell’ultimo spettacolo della stagione al Teatro della Cooperativa di Milano: dagli entusiasmanti anni di Barbaricina fino ad arrivare alla situazione attuale, frutto delle varie ristrutturazioni aziendali degli anni passati. Alcuni rami sono vivi e vegeti e addirittura rilanciati nel campo informatico, altri sono morti o finiti in mani poco onorevoli….
Olivetti, un’occasione sprecata
Deo Ex Macchina è in scena in prima nazionale fino al 23 giugno, e vede come unico protagonista Antonio Cornacchione, anche autore del testo insieme a Massimo Cirri. La regia è di Giampiero Solari.
Parla Antonio Cornacchione
“Perché ha deciso di portare in scena proprio la storia della Olivetti?”
“Perché io sono un ex dipendente della Olivetti, ho lavorato lì per otto anni. Quindi mi sembrava di avere una voce in capitolo diretta. Ho raccontato la mia storia e quella della Olivetti chiedendomi che fine ha fatto e soprattutto perché non c’è più. Questa è la domanda, e si cerca in qualche modo di dare delle risposte.”
“Che tipo di esperienza è stata per lei lavorare alla Olivetti?”
“Erano gli anni di Carlo De Benedetti, quindi quelli del massimo boom e poi della crisi definitiva. Infatti la storia della Olivetti e quella di Carlo De Benedetti somiglia un po’ a quella di Adriano, sono due paralleli. Con Carlo De Benedetti finisce definitivamente l’immagine della Olivetti famosa, quella della grande fabbrica che tutti conosciamo. Oggi fanno prodotti per ufficio, l’attività è ridotta, ma racconteremo anche questo.”
“Cosa successe durante gli entusiasmanti anni di Barbaricina?”
“Barbaricina è un po’ il nocciolo dello spettacolo, perché si parla del laboratorio di ricerca elettronico. E’ un’invenzione, è un’idea di Adriano Olivetti su indicazione di Enrico Fermi. In pratica loro riescono a costruire il primo computer italiano. Non solo: si portano all’avanguardia in tutta l’elettronica mondiale perché per la prima volta fanno costruire il primo computer al mondo fatto interamente di transistor, quindi molto più piccolo rispetto ai precedenti, e che soprattutto non ha bisogno di un locale climatizzato con l’aria condizionata perché non riscalda come le vecchie valvole. Questa è la storia. Diciamo che noi siamo arrivati per primi su questa cosa e anche primi con Giancarlo Perotto quando si inventa il primo personal computer al mondo, che si chiama B-101.”
“Perché la voce più insistente voleva che alla Olivetti fossero tutti matti?”
“Perché questi ricercatori erano degli scienziati tutti genio e sregolatezza: tutti giovani e allegri. Conducevano questi esperimenti nella costruzione di questo prototipo, però in un clima del tutto informale e goliardico. Per esempio, avevano l’abitudine di andare dopo pranzo a Marina di Pisa a fare il bagno, però poi tornavano e stavano tutta la notte a lavorare. Questo era il clima che fa un po’ il paio con il garage di Steve Jobs.”
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Bianca S. Villa per il supporto professionale