SARA DI MATTEO, “È LA NATURA DELLE COSE CHE È COSÌ”

Si chiama stagione “Ostinata” l’undicesima stagione del Teatro Linguaggicreativi, che debutta il 25 settembre con lo spettacolo È la natura delle cose che è così, in scena fino al giorno successivo. Siamo di fronte a un testo che parla del disorientamento di fronte alle cose che cambiano, le cose che passano mentre il tempo scorre. Parla della paura di morire ma anche di quella di vivere. Della fatica di fronte al cambiamento. Lo fa in modo divertente, a tratti tenero, in dialogo continuo con il pubblico.

Il sottotitolo dello spettacolo è Sproloquio tragico esilarante. La regia è di Paolo Trotti e come unica protagonista sulla scena troviamo Sara Di Matteo.

Quattro domande a Sara Di Matteo

Perché le cose che cambiano ci disorientano così tanto?

Perché ci spiazzano. E anche perché ci costringono in qualche maniera a cambiare, e in qualche modo ci affezioniamo ai luoghi, alle forme, alle persone e alle cose che ci sono familiari. Quindi è effettivamente naturale che il cambiamento ci spiazzi. Però lo è altrettanto cambiare.

Come si rapportano tra loro paura di morire e paura di vivere?

Il testo in realtà si muove proprio sul filo di un’ambiguità che resta tale. La paura di morire è la paura di scomparire. In questo caso è anche la paura di cambiare. Penso che la paura di vivere sia in qualche maniera qualcosa che ci troviamo ad affrontare ogni giorno, perché vivere è straordinario ma anche faticoso. La paura di morire per questo personaggio racconta invece il radicamento alla vita e l’amore per l’esistenza.

Che ruolo ha il pubblico in questo spettacolo e che tipo di comunicazione si instaura tra te e gli spettatori?

Il pubblico è proprio quello con cui il personaggio parla. E’ una comunicazione diretta a qualcuno. E’ come se questo personaggio si interrogasse ma si facesse anche portavoce di una domanda. Quindi c’è una condivisione con il pubblico, c’è un chiamarlo a volte in causa e disturbarlo un po’. Allo stesso tempo c’è un gioco di rispecchiamento con gli spettatori. Il personaggio è in qualche maniera un clown, inteso come figura che si muove sull’abisso.

Come nasce l’idea del sottotitolo “Sproloquio tragico esilarante”?

Perché si tratta proprio di questo: la forma, che però di fatto in questo caso è anche sostanza, è uno sproloquio perché a un certo punto viene fuori proprio una valanga. Questa valanga è in realtà data dalle domande, ma anche da una dichiarazione d’amore. Quindi in questo suo essere “tanto” diventa sproloquio. Tragico ed esilarante perché c’è una sorta di umorismo nero e perché la sostanza è anche umana e in questo senso drammatica.

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  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Simona Calamita per la collaborazione
  • Foto in evidenza fornita dal Teatro Linguaggicreativi