Intervista al cast di “E vissero felici e colpevoli”

Napoli, inizi anni 2000, in un riformatorio della periferia della città, cinque ragazzi, un operatore sociale e un direttore dell’istituto di pena, nel tentativo di dare risposte alle proprie aspettative, saranno costretti a confrontarsi con i propri fantasmi. Gli obiettivi degli uni si scontreranno con quelli degli altri, generando divertenti scontri che permetteranno ai nostri protagonisti di superare i propri iniziali pregiudizi.

E vissero felici e colpevoli è in scena fino al 2 aprile al Teatro Martinitt di Milano. Scritto da Bernardino De Bernardis che ne è anche protagonista in scena con Salvatore Riggi, Giorgia Lunghi, Mariano Viggiano, Francesco Romano, Francesco Piccirillo, e con la partecipazione straordinaria di Luca Negroni, lo spettacolo è diretto da Marco Simeoli.

Parlano Bernardino De Bernardis, Salvatore Riggi, Mariano Viggiano, Francesco Piccirillo e Luca Negroni

Quali sono i fantasmi con cui si devono confrontare questi ragazzi?

Bernardino De Bernardis: In realtà sono dei fantasmi con i quali non si devono confrontare solo i ragazzi ma anche il direttore e l’operatore sociale che sono gli altri due personaggi integrati all’interno del riformatorio e che danno vita a questa storia. Sono i sensi di colpa che ognuno di noi in un modo o nell’altro ha, con i quali deve convivere. Inevitabilmente la vita li porterà a doversi confrontare e a dare una risposta, sia positiva che negativa, ma inevitabilmente un confronto con questi sensi di colpa ci dovrà essere. Lo sviluppo è che in pratica questi sensi di colpa, che caratterizzano un po’ tutti i personaggi, in un gioco di intrecci ribalteranno i ruoli di quelli che inizialmente possono essere catalogati come innocenti e che poi risulteranno probabilmente colpevoli e viceversa. In realtà sono tutti un po’ colpevoli, però forse con diverse attenuanti.

E’ lo spaccato sociale di un’Italia dei primi anni 2000?

Salvatore Riggi: Sicuramente sì. Storicamente raccontiamo quella, però non possiamo dire che al giorno d’oggi, specialmente in certe zone del Paese, quella realtà non sia ancora presente. Forse anche per questo è importante raccontare storie come queste. Da un punto di vista drammaturgico ci servono gli anni 2000 perché c’è un collegamento con la vittoria dello scudetto del Napoli e i conseguenti 25 anni dopo. Quindi, in qualche modo, drammaturgicamente ci ritroviamo là, però nella sfortuna di ciò che raccontiamo siamo fortunati perché parliamo di una cosa ancora tremendamente attuale.

Quanto c’è della Napoli di quegli anni?

Mariano Viggiano: Molto. C’è un contesto sociale molto chiaro, c’è una caratterizzazione da parte dei ragazzi, dell’operatore sociale e del direttore, c’è lo spaccato di una Napoli che vive costantemente tra fortuna e disagio, tra un contesto di criminalità e una bontà d’animo interna dei ragazzi e dei protagonisti di questo spettacolo che in realtà crea il prodotto artistico che va in scena.

I protagonisti sono liberi di decidere l’esito della loro vita?

Luca Negroni: In realtà la vita è sottoposta a diversi elementi come il luogo di nascita e il destino. Questi lavorano sui protagonisti e loro sono responsabili delle loro scelte, ma dipende molto anche da elementi esterni a loro.

  • Intervista video di Andrea Simone
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  • Si ringrazia Federica Zanini