“EROI”: INTERVISTA AD ANDREA SCANZI

I miti sportivi contemporanei entrano in uno spettacolo che arriva al Teatro Leonardo di Milano solo per due date: il 9 e il 10 marzo. Si chiama Eroi il monologo di Andrea Scanzi, che ci racconta e ricorda le imprese di figure leggendarie come Marco Pantani, Gilles Villeneuve, Marco Van Basten, Yuri Chechi e Nadia Comaneci. Storie di successi e trionfi, ma anche di vite perdute ed eccessi, che uno dei giornalisti più famosi d’Italia ha accettato di anticipare a Teatro.Online.

“Perché alcuni furono eroi loro malgrado?”

“Perché qualcuno ha sacrificato la sua stessa vita in nome della passione: magari perché ha amato troppo lo sport che faceva, come Gilles Villenueve; magari perché ha dissipato se stesso per vari vizi e per una forma di nichilismo che vari sportivi hanno, per esempio George Best. Altri si sono visti travolgere la loro vita da eventi che non avevano previsto e che non hanno saputo gestire, come Marco Pantani.”

“Facendo una citazione manzoniana, mi viene da chiederti se fu vera gloria.”

“Per quanto riguarda le storie che racconto io e che racconterò anche a Milano, sì. Credo che i personaggi di cui parlo siano entrati nell’immaginario collettivo. Sfido chiunque a dire che non sia stata vera gloria quella di Mohammed Alì, di Yuri Chechi o di Nadia Comaneci. Purtroppo per loro, quando c’è la gloria c’è anche molto dolore e un tipo di vita che per essere gestita al meglio deve comprendere una grandissima forza psicologica che alcuni avevano e altri no.”

“Sono eroi il cui mito è destinato a durare nel tempo o il ricordo di alcuni tenderà a sbiadirsi?”

“Nei casi che ho scelto io, faccio fatica a immaginare che si dimentichino. Non so fra sei o sette secoli che ricordi avrà la gente, ma nella memoria a medio-breve termine, credo che ci ricorderemo sempre dei personaggi che racconto. Poi bisogna fare delle classifiche: magari ci ricorderemo meno Alberto Tomba di Mohammed Alì e meno Yuri Chechi di Gilles Villeneuve, ma siamo già nel campo dell’opinabile. Ho cercato di raccontare personaggi che avessero la qualità di incidere nella storia sociale, nella nostra emotività e nella nostra vita. Proprio per questo sono dotati di memoria e longevità”.

“Perché hai scelto il settore dello sport?”

“Perché vengo da quel campo, anche se sono diventato famoso -per usare questa parolaccia!- parlando di politica, andando in televisione o facendo teatro. Io mi sono formato con la musica e lo sport: sono le prime cose di cui ho parlato quando ho iniziato a fare il giornalista nel lontano 1997. Scrivevo recensioni per una rivista di musica e al tempo stesso libri di sport. Redigevo articoli anche per quotidiani sportivi e il mio primo libro è stata l’autobiografia di Roberto Baggio, che mi diverte tantissimo e che scrissi a 26 anni. Non riesco a vivere la vita come se fosse un compartimento stagno, perché per mia fortuna e per quella di tutti noi non esiste solo la politica. Ci sono tante altre cose e in questo caso ho cercato di trasformare la mia passione in uno spettacolo teatrale”.